Martedì 28 febbraio 2023
Segnalo oggi – mentre siamo pieni di Maurizio Costanzo ed Elly Schlein (del “carico residuo” di Crotone ci siamo già dimenticati) – un articolo apparso sul New York Times, a firma di uno dei più stimati editorialisti americani, Nicholas Kristof.
Riguarda Aleksej Navalny, il noto oppositore di Putin, naturalmente incarcerato e in isolamento, in Russia.
In un momento in cui le sorti della guerra pare si vadano semplificando - “ne resterà uno solo” tra Zelensky e Putin sembra il nuovo mantra - Aleksej Navalny viene presentato dal NYT come “il Nelson Mandela dei nostri tempi”, ovvero la persona che potrebbe emergere in Russia in seguito alla sconfitta (politica, militare, esistenziale) di Vladimir Putin.
Ma è davvero possibile? Nessuno oggi punta su di lui, come però nessuno avrebbe puntato in Sudafrica su un vecchio leader nero, comunista, in prigione da due decenni per terrorismo contro il solidissimo regime sudafricano dell’apartheid… E invece, Nelson Mandela divenne un simbolo mondiale della lotta per la giustizia sociale e intorno al suo nome avvenne la più esaltante conquista di democrazia degli ultimi anni del Novecento.
Aleksej Navalny, leader politico, è un avvocato, ha 46 anni, è in prigione e non ha dietro di sé che un seguito di opinione.
Per aver denunciato la corruzione sconfinata del regime, Putin ha cercato diverse volte di ucciderlo e la sua storia è oggi narrata in un documentario (“Navalny”), che ha già vinto l’Academy Award di Londra, il Sundance Festival e si appresta ad essere acclamato ai prossimi premi Oscar. Ha insomma, una grande visibilità internazionale e questo sembra essere il suo unico scudo protettivo. Putin riuscirà ad ucciderlo, ora che è famoso?
Ci aveva già provato e questa è la storia: nel 2019, Navalny era candidato alle elezioni e accusava Putin di essere l’uomo più corrotto di tutta la Russia. In viaggio elettorale, in un aeroporto in Siberia bevve una tazza di thé ed entrò in coma. La cancelliera tedesca Angela Merkel ottenne di farlo trasportare in Germania, dove venne accudito dai migliori medici militari tedeschi. I quali scoprirono che la causa della sua malattia era stata un avvelenamento da Novichock, un agente nervino che i sovietici avevano perfezionato dai tempi della guerra fredda. Navalny, dopo sei mesi di degenza a Monaco, se la cavò e nel 2021 chiese di tornare in Russia, dove subito venne arrestato. Oggi vive in una prigione, in isolamento, ma non smette di far sapere la sua opposizione alla guerra.
Forse dovremmo occuparci di più di lui, anche qui da noi.
Di
| Paesi Edizioni, 2021Di
| Rizzoli, 2022Di
| C Hurst & Co Publishers Ltd, 2022Di
| Adelphi, 2022Di
| Logos, 2016Potrebbero interessarti anche
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