Diario di bordo

Abbiamo perso, per fortuna

Illustrazione di Virginia Degli Antoni, 2023, studentessa del Liceo artistico A. Volta di Pavia

Illustrazione di Virginia Degli Antoni, 2023, studentessa del Liceo artistico A. Volta di Pavia

Venerdì 24 febbraio 2023

Si dice che noi italiani non avevamo mai visto la guerra nella nostra esistenza – quella mondiale è roba dei nostri padri o dei nostri nonni, dipende dall’anagrafe – ma non è mica vero.

I Balcani? Ce li siamo dimenticati?  La Croazia dove andavamo in ferie, il simbolico ponte di Mostar, l’assedio della città di Sarajevo (durato quattro anni, dal 1992 al 1996, nella quasi indifferenza del mondo; e dire che si trattava dell’ultimo urbicidio nel Novecento), la strage di Srebrenica con le truppe dell’Onu che stavano a guardare, il Kosovo, gli orrendi generali di Milosevic e l’orrendo Milosevic stesso che noi tenevamo come interlocutore; l’intervento americano – ironia della storia, gli yankee  furono i primi a proteggere un’enclave musulmana in Europa - e bombardarono Belgrado (il premier D’Alema fu ben felice di facilitare il passaggio; Michele Santoro fece da scudo umano)….  Poi finì, per fortuna. E tornammo ad andare in ferie in Croazia, dove dal primo gennaio scorso si paga in euro.

E adesso, “celebriamo” il primo anno di guerra dell’Ucraina, che cominciò, il 24 febbraio scorso, con uno sbadiglio internazionale: ah, sì l’Ucraina, quella terra di incerti confini, di storia ambigua, dove la Russia è finalmente entrata a mettere ordine.
Non ci sarebbe sembrato strano che le colonne di tank che circondavano Kiev, una capitale di tre milioni di abitanti, mettessero un freno all’anarchia che si era creata con la presa del potere di neonazisti e satanisti guidati da quel buffone, un comico alla Beppe Grillo che aveva osato pensare che il suo paese potesse essere non solo indipendente, ma legato all’Europa.

La storia – in quella parte dell’Europa – si ripete, da Napoleone a Hitler e ora a Putin.

E ancora una volta è fatta di colonne di tank distrutti – come i leggendari “carri di fronte ai Bastioni d’Orione” – i centomila fantaccini (questa volta russi) ammazzati, in un esercito di invasione che stuprava, cercava il bottino, uccideva e torturava.
Bucha, Irpin, Dnipro, Leopoli, Odessa, Zaporižžja, Mariupol, Kherson, Kharkiv, il patricarca Kirill come moderno Rasputin, sono i nuovi nomi di un mondo costretto ogni giorno ad imparare la geografia; e a seguire, come in un videogioco, i droni e i missili, la geopolitica militare, l’ecatombe di oligarchi, la fuga dei russi a centinaia di migliaia, la disperata resistenza dentro le acciaierie Azovstal, la progressiva leva obbligatoria in Russia e la normale renitenza in Ucraina, le armate mercenarie di ceceni e galeotti, cui è stato dato un dito e adesso si vogliono prendere il braccio.

Poi, non ricordo nemmeno quando fu, venne un giorno in cui si capì che Zelensky – il piccolo attore ebreo, il vero sosia di Charlie Chaplin del Grande Dittatore - aveva unito il suo popolo e che poteva vincere.
L’Europa, per la prima volta, lo appoggiava, gli Stati Uniti, con Biden (reduce da sconfitte internazionali), si trovavano memori del loro tempo migliore, quando fornirono l’”arsenale della democrazia”: ovvero le armi per sconfiggere Hitler, Mussolini e Hirohito.

L’Ucraina vincerà – Slavi Ukraini! -  e sarà la prima volta nella Storia (quella vera) di Davide contro Golia.

Noi italiani, come all’epoca della guerra dei Balcani (e di tante altre prima), ci ricorderemo che vivemmo all’epoca di un grande egoismo e di confusione. Ci piaceva Putin e il suo essere offeso; ci piaceva il suo amico Berlusconi, perché aveva un buon senso del business; non ci piaceva Zelensky, e dire che proprio noi avevamo plebiscitato Beppe Grillo. Non era per la maglietta verdognola, era che non piaceva proprio

E così abbiamo visto con piacere il prof. Orsini occupare la televisione, abbiamo visto i vecchi comunisti riconoscersi nella Russia di Putin, abbiamo visto quanto gli americani (per quel vecchio torto di essersi impicciati dei fatti nostri, ai tempi del Duce)  qui da noi sono sempre malvisti; abbiamo visto come le star della sinistra pacifista si siano sperticate per negare armi all’Ucraina.

E forse, abbiamo tutti ragione, nel nostro realismo, nel nostro scetticismo. E prova ne sia che anche Matteo Messina Denaro, che è un uomo che conosce il mondo, la pensa come noi.

Il nostro problema è che il tempo non gioca per noi. Zelensky dovevamo ammazzarlo prima, subito. Ormai è tardi.

Abbiamo perso, per fortuna.

Altri articoli da leggere

Molti sono i contenuti originali che abbiamo pensato per questa ricorrenza: un articolo che illustra tutte le iniziative del Gruppo Feltrinelli, una bibliografia che racconta l'assurdità di tutte le guerre, l'intervista a Nello Scavo. scrittore, giornalista e autore di Kiev, una bibliografia destinata ai giovani lettori per educare alla pace, disegni, testimonianze e poesie realizzati dai bambini della primaria, per il progetto “Una scuola di lettori”, illustrazioni provenienti dagli alunni del liceo A. Volta di Pavia, con testo introduttivo del professore Dario Molinari, una storia illustrata e scritta da Paolo Castaldi che rievoca la guerra di ieri e ci racconta quella di oggi, la recensione del libro di Domenico Quirico Quando il cielo non fa più paura.

Per approfondire

Kiev

Di Nello Scavo | Garzanti, 2022

Per l'Ucraina

Di Volodymyr Zelensky | La nave di Teseo, 2022

Dunque, la guerra!

Di Bernard-Henri Lévy | La nave di Teseo, 2023

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