Diario di bordo

Yankee go home

Martedì 21 febbraio 2023

La mattina, per me, è cominciata proprio bene, quando il telefonino mi ha avvertito che Joe Biden era arrivato, di sorpresa, a Kiev.
E poi subito dopo, le prime immagini: un vecchio americano arzillo, dal passo quasi elastico nonostante gli ottant’anni, con gli occhiali scuri (... e se no, che americano sarebbe?) accompagnato a passeggio per la città dal suo amico Zelensky, sullo sfondo di grandi chiese e palazzi, davanti ai quali sono in mostra i tank russi distrutti un anno fa.

A metà giornata si sapeva già tutto: il viaggio segreto, le 10 ore in treno, il controllo americano dello spazio aereo, e le tre cose dette da quello che i suoi nemici continuano a chiamare Sleepy Joe.
1) Sosterremo Zelensky fino alla fine.
2) Qui ci sono 500 milioni di dollari, e armi quanto basta
3) A Kiev è in gioco lo scontro finale tra “democrazia” e “autocrazia”, ognuno faccia bene i suoi conti.

Da quanto tempo non si vedeva una scena simile? Direi da molto.
Il presidente Roosevelt arrivò nell’Europa ancora sotto Hitler, prima a Casablanca, poi a Teheran nel 1943 in due viaggi rischiosissimi per un sessantenne con la pressione a 250, paralizzato dalla poliomielite, e con il pericolo di essere abbattuto dalla Luftwaffe.
Il presidente Kennedy arrivò nel 1961 (“Ich bin ein Berliner”) con la forza della giovinezza, senza sapere che sarebbe stato ammazzato dopo due anni.

E poi? Tutti gli altri presidenti americani in visita in Europa sono stati accolti da grandi manifestazioni di protesta.
Joe Biden è il primo a cui nessuno ha osato gridare “Yankee go home”, anche se in molti sicuramente glielo auguravano.

E così mi sono trovato contento di vivere questo momento, e di esserne perlomeno spettatore.
Mi sono detto che “la storia è adesso, la storia la stiamo vivendo” e che sono contento di stare dalla parte giusta della storia.
Voi direte: ... già, ma Putin cosa farà? E la Cina? E se tirano l’atomica?
Tutto vero, ma oggi il vecchio Joe Biden ci ha insegnato qualcosa, in particolare sul valore dell’idealismo e sul coraggio individuale.
E sarebbe sciocco non tenerne conto.

La “giornata storica”, però, si era aperta per me in maniera opposta.
Avevo ascoltato – è pubblicata dappertutto, e non dovrebbe essere così a mio parere - una conversazione di Matteo Messina Denaro, in cui il superboss – parlando con un’occasionale amica, poco prima dell’arresto – esprimeva, con grande proprietà di linguaggio e conoscenza dei termini del dibattito – la sua ammirazione per Putin e il suo disprezzo per Zelensky.
La cosa che mi aveva colpito era che il suo linguaggio, la sua ricostruzione dei fatti, le sue proposte per il futuro erano del tutto sovrapponibili a quelle della ormai famigerata esternazione di Berlusconi il giorno delle elezioni.
Il problema è che MMD era arrivato alle conclusioni d B. almeno due mesi prima.

Escludendo, ovviamente, che MMD abbia imbeccato B. resta il fatto che la coincidenza è piuttosto antipatica.

E questo mi fa pensare che a nessuno dei due vedere Joe Biden uscire intatto da Kiev sia piaciuto più di tanto.

Per approfondire

Ritratti del coraggio

Di John Fitzgerald Kennedy | Oaks Editrice, 2017

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