Giovedì 17 novembre
Dal nostro inviato a San Francisco, Enrico Deaglio
Vorrei parlarvi del Qatar e di come sarebbe bello - da parte di noi spettatori-consumatori - far fallire i suoi Mondiali fatti di miliardi e ricatti, assassinii di massa, violazione dei minimi diritti umani; se invece avessero successo sarebbe una tragedia, oltreché la certificazione della morte del gioco del football, che ha allietato come poche cose al mondo la nostra vita.
Per farlo, mi viene comodo ritornare a tanti anni fa, quando sembrava impossibile giocare in mezzo ai morti.
È la storia dei mondiali in Argentina, anno 1978. In quel paese “al fin del mundo” - come avrebbe ricordato Bergoglio appena eletto Papa - due anni prima c’era stato un colpo di stato, la cui ferocia era stata senza pari. I “desaparecidos” si conoscono adesso, ma allora non si conoscevano; sull’ideologia nazista dei generali della Junta – Videla, Massera, Agosti – gli Stati sapevano molto, ma non dissero niente. E così, nessuno ebbe a ridire sull’assegnazione dei mondiali all’Argentina nel 1978, che era stata decisa prima del colpo di stato.
A Buenos Aires, nelle caserme si torturavano decine di migliaia di prigionieri, che poi venivano messi su aerei militari, drogati e buttati nell’oceano (e un prete, prima, li aveva assolti).
Non la faccio lunga: se guardate Garage Olimpo, di Marco Bechis, non lo dimenticherete.
I mondiali furono il regno dell’ipocrisia.
Nessuno protestò, le madri di Plaza de Mayo sarebbero venute dopo. Persino i montoneros peronisti, l’anima della resistenza, firmarono un accordo con i generali e sospesero la guerriglia.
Chi vinse i mondiali del 1978? L’Argentina, naturalmente, in finale con un’Olanda stranamente remissiva.
Non voglio dire che ci fu combine – l’Argentina di Menotti era fortissima, con Passarella, Mario Kempes, Daniel Bertoni – ma certo nessuno si impegnò più di tanto a farla perdere.
Il 17enne Diego Armando Maradona, per fortuna sua, fu scartato dall’allenatore Menotti; gli unici beneficiari furono i generali argentini, che poterono continuare i loro masssacri.
Caddero tre anni dopo, per la guerra delle Malvinas, quando cercarono di mobilitare il nazionalisno. Le Madri risposero con un piccolo cartello: “Las Malvinas son argentinas, los desaparecidos también”.
Lentamente, e dolorosamente, cominciammo tutti a sapere che cosa era successo, in quel paese “al fin del mundo”.
Chissà cosa resisterà dei mondiali in Qatar...
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