Diario di bordo

Trump, dal sogno all'incubo

Mercoledì 5 aprile 2023

Tutti, nella vita, fanno brutti sogni.
Ieri Donald Trump ha vissuto il suo sogno peggiore, perché ha visto se stesso e la sua morte; e tutto il mondo l’ha vista con lui. Un sogno lungo, lento…

E dire che sono passati solo due anni da quando il presidente aizzava le folle a marciare sul Campidoglio di Washington e ridargli la vittoria elettorale che gli era stata "rubata". Appena due anni, ed era vestito nella stessa maniera.
Anche all’epoca The Don covava un sogno, dove però vinceva. Faceva paura al mondo, l’impensabile stava succedendo; una specie di “L’urlo di Trump terrorizza l’Occidente”.

Ieri era il contrario. Come in quel capolavoro di Ingmar Bergman, il posto delle fragole, dove il vecchio professore sogna di attraversare la città deserta con gli orologi dei lampioni senza lancette e nella quale l’unica presenza è un carro funebre trainato da cavalli neri. Davanti a lui il carro si rovescia, la bara scivola e cade a terra, il professore si avvicina e il morto lo ghermisce. Ed è lui stesso.

Ieri a Manhattan non c’era nessuno, né davanti alla Trump Tower, né a fargli ala, né di fronte all’ufficio del procuratore dove è stato, virtualmente, arrestato. Viaggiava su un moderno carro funebre di cinque SUV neri.

Quando è sceso lo si è visto per pochi secondi.
Ha scrutato con occhi vuoti il Nulla, lo ha salutato con la mano e poi ha stretto il pugno in segno di sfida, ma era una mano debole e vecchia. Riferiscono che abbia mormorato: “ma è surreale!”. Gli hanno preso le impronte, hanno sbrigato le formalità come in quegli uffici fanno a centinaia di persone al giorno e poi doveva percorrere alcuni metri prima di entrare nell’aula del procuratore, un uomo nero, e lui ha un’avversione per gli uomini neri.

Le telecamere lo aspettavano lì, davanti a una porta chiusa vigilata da tre massicci poliziotti, neri anche loro.
Trump non è abituato ad aprire le porte, per tutta la vita è stato abituato a che qualcuno gliele tenessero aperte; questa volta no, e quella porta era di quelle che si chiudono a molla e, passati i suoi avvocati, quasi gli si richiudeva in faccia.

Non gli era mai successo nella vita.
Non aveva mai conosciuto la sofferenza. Era solo e nessuno veniva a liberarlo. Non c’era la moglie, non c’era la figlia prediletta, non c’erano le masse che solo due anni fa avevano fatto la rivoluzione per lui.

C’era poca gente anche a Mar-a-Lago, diventata ormai troppo grande, come la Xanadu di Citizen Kane.

Insomma, un brutto sogno. Come succede a tutti, prima o poi.  

Libri e film per approfondire

Il processo

Di Franz Kafka | Feltrinelli, 2014

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