Mercoledì 13 aprile 2023
Come si sa, da quattordici settimane la popolazione di Israele è in piazza, con enormi manifestazioni pacifiche, contro una “riforma giudiziaria” proposta dal primo ministro Netanyahu, che cancellerebbe l’indipendenza della magistratura e permetterebbe l’applicazione di leggi liberticide, e addirittura l’instaurazione della pena di morte, per la prima volta nel paese.
Netanyahu si regge su una coalizione in cui l’estrema destra, che rappresenta i coloni, è decisiva; il premier ha cercato, all’inizio, di usare la mano ferma, convinto di essere insostituibile.
Ha cercato appoggio internazionale e non l’ha trovato da nessuna parte; ha licenziato il proprio ministro della Difesa, per essere poi costretto a tornare sui suoi passi, davanti alla prospettiva di una “diserzione morale” dell’esercito. Il New York Times ha rivelato che grandi capi dell’esercito e dei servizi segreti hanno incoraggiato le manifestazioni. La polizia, al contrario, è stata autorizzata ad usare la mano pesante in Cisgiordania, con decine di morti palestinesi. È seguito un lancio di razzi dal confine con il Libano, a cui Netanyahu ha risposto con razzi e bombe sul sud Libano e su Gaza, e con una dichiarazione di emergenza per il paese sotto attacco terroristico.
E poi l’auto lanciata sulla folla sul lungomare di Tel Aviv, dove è rimasto ucciso il turista italiano Alessandro Parini. Ieri la sua salma è atterrata a Ciampino, salutata dal presidente Mattarella.
Tutto lascia prevedere che la situazione possa evolvere in un’escalation di guerra vera, che renderebbe Netanyahu insostituibile, come successo molte altre volte nel suo passato di uomo di potere; e porterebbe al dispiegarsi di un clima di guerra civile nei territori, con la polizia governata dall’estrema destra pronta ad essere usata come milizia dei coloni.
Il paese è poi troppo pericolosamente vicino alla Siria, all’Iran, all’Ucraina stessa, in giorni in cui si viene a sapere, dai documenti fatti uscire dal Pentagono, che l’Egitto fornisce tonnellate di razzi alla Russia, che l’Iran fa altrettanto con i droni e che Netanyahu è invece molto tiepido nel sostenere militarmente e tecnologicamente Kiev.
Per gli osservatori, sta maturando una svolta, ma non si sa in quale direzione.
Ma, ad indicare l’aria di vertigine che si spalanca, ecco un sondaggio israeliano sconvolgente: se si votasse ora, Netanyahu sarebbe polverizzato, il Likud, il suo partito, crollerebbe e così pure quelli dei suoi alleati di destra, rendendo inevitabile un governo di centro, democratico e aperto a soluzioni di pace con i palestinesi.
Insomma, quattordici settimane di manifestazioni per la democrazia hanno mostrato che le mani nude, le marce, gli scioperi nel mezzo di guerre e attentati, riescono ancora ad essere l’arma più forte contro i tiranni.
E, forse, anche a vincere.
Di
| Einaudi, 2015Di
| Libri Scheiwiller, 2009Di
| Feltrinelli, 2022Di
| BEAT, 2015Potrebbero interessarti anche
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