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Oro puro di Fabio Genovesi

Fabio Genovesi, Premio Strega 2015, ha anticipato Oro Puro nel primo capitolo de Il calamaro gigante (Feltrinelli, 2022):

«Pure l'America l'ha scoperta uno che non la cercava. Colombo voleva andare in un altro posto che non c'entrava nulla, però è partito, e quando parti tutto può succedere. Già sulla terra, figuriamoci in mare.»

È finalmente arrivato sugli scaffali delle librerie agli albori di quest’estate, portando una ventata di freschezza nelle classifiche.

Oro puro
Oro puro Di Fabio Genovesi;

Palos, Spagna, agosto 1492. Nuno ha sedici anni, ed è un granchio. O almeno questo è il soprannome che gli ha dato sua madre, morta pochi mesi prima, di cui Nuno conserva un ricordo che è dolore e luce insieme. Pur vivendo sul mare, Nuno non ha mai desiderato solcarlo, e preferisce guardarlo restando aggrappato alla terra, proprio come fanno i granchi.

Genovesi torna a solcare il mare, questa volta del passato, portando il lettore a Palos, Portogallo, nel lontano 1492. Nuno, il protagonista indiscusso della vicenda, ha sedici anni, è orfano di entrambi i genitori ed è ebreo. Il Decreto dell’Alhambra entrato in vigore in Spagna il 31 luglio 1492 – ma emanato in Portogallo quattro anni dopo dal sovrano Manuele I – lo costringe a lasciare la sua terra natia di nascosto dall’ultima parente in vita, la sorella della madre, alla scoperta del mare, degli uomini e del Nuovo Mondo.

Quello che a primo impatto sembra una narrazione d’avventura, si rivela presto un romanzo di formazione. Nuno, che da sempre si considera un granchio aggrappato alla salvezza del suo scoglio, si ritrova catapultato nell’oceano aperto, in balia della vita sotto- e sopraccoperta. Il giovane mozzo, cresciuto tra sole donne, scopre così il meglio e il peggio dei cosiddetti lupi di mare: tanto lo sguardo muto del Biondo è rassicurante, tanto sono aspre le lezioni impartite da Alonso, il Ragno e il resto dell’intero equipaggio fino ad arrivare a Colombo stesso.

Nuno non è portato per la vita sul mare, ma viene salvato ancora una volta dalla stessa Provvidenza che gli ha permesso di salire a bordo della Gallega (l’Ammiraglia Santa Maria) quando Colombo scopre che sa leggere e scrivere. È così che l’unico lascito della madre porta Nuno a coprire la posizione privilegiata di scrivano personale del Comandante, purtroppo in segreto per non lenire la reputazione di Colombo. Una volta arrivati in quel che credono l’Estremo Oriente, Nuno gode di una libertà maggiore che gli permette di esplorare il paradiso terrestre dinanzi a sé. Scopre l’amore in Lei, un’indigena rapita durante l’esplorazione della prima terra avvistata, ma è anche testimone in prima persona degli inganni, dei sotterfugi e delle menzogne perpetrate dai primi Conquistadores. Le crudeltà a danno dei Nativi e della natura incontaminata, atte all’avidità della ricerca ossessiva dell’oro porteranno Nuno a compiere un gesto tanto eroico quanto clamoroso, rivelato solo nelle ultime pagine del romanzo.

Fabio Genovesi ricalca le tematiche trattate nei suoi romanzi precedenti, ma questa volta racconta un aspetto inedito della scoperta delle Americhe. Scegliendo Nuno come protagonista, l’intera vicenda prende vita da uno stato iniziale d’innocenza, infatti l’autore utilizza una prosa comprensibile a tutti, coerente con la scarsa educazione dell’eroe e lontana dal linguaggio tecnico dei grandi classici esploratori del mare, come William Golding.

Il lettore può facilmente ritrovarsi nel luccichio dello sguardo di Nuno rivolto alla sua Lei o nelle buone azioni e intenzioni volte a combattere i soprusi e le violenze opera degli uomini, ma nonostante il volume considerevole del tomo, rimane un senso di insoddisfazione. Lo stile narrativo non permette di calarsi appieno nelle peripezie perché manca di un’evoluzione sostanziale, come invece ci si aspetterebbe da un romanzo di formazione. Piuttosto che essere accompagnato gradualmente alla comprensione delle emozioni alla base del tutto, il lettore si trova di fronte a fatti compiuti, buchi temporali e incoerenze storiche.

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