Detransition, baby di Peters Torrey

Quello di Sex and the City è un modello consolidato. Ambientata nella New York dei primi anni Duemila, la serie segue le vicissitudini di quattro amiche colte nell’atto di barcamenarsi tra lavoro, rapporti sentimentali e incontri occasionali, avvalendosi di una narrazione ironica e veritiera. Più di tutto, però, quello proposto da Sex and the city è il racconto di quattro diverse possibilità di essere donna: sposata come Charlotte, in carriera come Samantha, incinta come Miranda e, infine, legata a un lavoro artistico come Carrie.

Della serie cult di HBO Detransition, baby di Torrey Peters (Mondadori) riprende il tono tagliente e l’ironia talvolta amara superando, al contempo, il suo modello.

È Reese, una delle protagoniste del romanzo, a esemplificare al meglio quello che lei stessa definisce «il problema Sex and the city»: una donna sarà sempre costretta a scendere a compromessi per riconoscersi in uno dei quattro archetipi tipicamente associati alla femminilità (moglie, lavoratrice, madre e artista), scegliendo uno a discapito dell’altro, mentre per una donna trans riuscire anche solo a pensarsi parte di una delle categorie risulterà quasi sempre impossibile.

Una soluzione insperata al problema, però, si presenta un giorno a Reese sottoforma di una proposta inusuale avanzata dalla sua ex Amy, Ames dopo la detransizione che ha posto fine alla loro storia: Katrina, sua capa al lavoro e amante, è incinta, e lui vorrebbe che a crescere il bambino o la bambina assieme a loro fosse proprio Reese. Inizialmente riluttante all’idea, Reese finirà con l’accettare la proposta di Ames di costruire una famiglia non convenzionale e realizzare il sogno mai sopito di essere madre.

Costruito attraverso l’alternarsi dei punti di vista di Reese e Ames e la sovrapposizione di più piani temporali, Detransition, baby affronta il tema della maternità e della femminilità, interrogandosi sullo smantellamento dell’idea di famiglia intesa tradizionalmente e sulla possibilità, non remota, di riformularla tramite la pratica attiva della queerness.  Un aspetto, questo, non solo estremamente attuale – il discorso sulla costruzione di un nucleo familiare queer è stato introdotto anche in Italia, tra le altre, dalla scrittrice e intellettuale Michela Murgia – ma che chiama in causa anche ulteriori ripensamenti riguardo agli stereotipi di genere legati alla genitorialità.

La strada verso il cambiamento non viene però intesa fiabescamente da Torrey Peters, ma in modo realistico, sviscerando difficoltà e contraddizioni nel tentativo di costruire un microcosmo queer. Né ciò accade quando a parlare sono i suoi personaggi: ne sono un esempio i dubbi di Reese, felice di concretizzare un desiderio che le è stato negato ma assalita dalla paura di venire declassata in secondo piano, a madre di serie B, o le insicurezze di Ames, che sognava una famiglia con Reese e che ha detransizionato non perché pentito di aver scelto di vivere apertamente come donna, ma per la difficoltà che farlo comporta, o ancora la confusione di Katrina, reduce dalla fine di un matrimonio eterosessuale, affascinata dal mondo queer ma forse non ancora pronta ad abbracciarlo senza riserve.