Passato di letture

L'accademia e il fuori, autori vari

Questo libro è un caso nel panorama culturale italiano, gerarchizzato e autoreferenziale.
Le voci che prendono la parola sono quelle di giovani ricercatori, spesso precari.
L’unica voce non precaria è quella di Vincenzo Mele, che peraltro si limita a co-firmare la presentazione.
 

Non è solo un libro eccentrico nella scelta delle voci che lo compongono, ma lo è anche e soprattutto nei temi proposti. Temi che partono da una condizione diffusa: il mondo accademico settorializzato, il suo sapere spesso ridotto a tecnica. Un mondo dove non vengono rappresentate le difformità. 

Ecco perché molta attenzione è dedicata a figure che nella storia italiana hanno agito per conquistare spazi di azione culturale (è la ricostruzione della riflessione di Pier Paolo Pasolini proposta da Alessandro Fiorillo, pp. 61-73). 

O hanno agito per ricostruire le storie di chi, con fatica e “senza mai mollare” o soccombere, ha realizzato progetti rovesciando consuetudini e convinzioni radicate (è il caso dell’azione di Franco Basaglia: una battaglia che avviene contro e fuori dal sapere medico accreditato nel mondo accademico, come ricostruisce attentamente Achille Zarlenga, pp. 35-59). 

O – ancora – per raccontare come sia stato possibile contrastare il mito del bravo italiano smontando il senso comune radicato già nell’Italia della Prima Repubblica (è la storia della battaglia di Angelo Del Boca rispetto al rifiuto dell’opinione pubblica di misurare la natura del razzismo italiano rimasto invariato fino a oggi dai tempi dell’esperienza coloniale, come ricostruisce Alessia Tortolini, pp. 189-200). 

L'accademia e il fuori. Il problema dell'intellettuale specializzato in Italia

Il volume vuole essere un punto di partenza per costruire un più ampio dialogo collettivo sulle condizioni del lavoro intellettuale e sulla necessità di rivalutarne il valore politico.

Insieme a tutto questo c’è anche la progressiva trasformazione del lavoro di ricerca in ossessione per la pubblicazione. Il risultato è un cumulo di pubblicazioni spesso scarsamente rilevanti, che si incontra con un sistema di valutazione volto a riprodurre il già noto e a tutelare “i propri”.
Risultato: si premia la velocità e non il contenuto (come dimostra Lorenzo Barbanera, pp. 117-140).
 

Rapporto non casuale di causa/effetto per un sistema nel quale, peraltro, si parla continuamente di “merito”, parola dal contenuto “falso”, più che ambiguo.  
Alla fine, anche questa è una retorica, come dimostrato da Renata Leardi (pp. 141-157). 

Un sistema che non riguarda solo l’ambito universitario ma che colpisce anche il docente scolastico, spesso limitato dalle richieste che il mercato neoliberale per la formazione della nuova forza lavoro impone, come dimostra Daniele Lovetere (pp. 227-257). 

Il sapere, i saperi

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