Prima donna alla guida dell’Académie française, tra le più brillanti studiose dell’Urss (di cui nel 1978 preconizzò l’implosione), lei stessa di origini russe (ma nata apolide a Parigi nel 1929), eurodeputata gollista con Chirac negli anni Novanta, nonché madre del notissimo Emmanuel, Hélène Carrère d’Encausse è morta nell’agosto 2023. Prima però ci ha lasciato quest’ultimo gioiellino, la biografia di una straordinaria attivista, scrittrice e rivoluzionaria bolscevica, divenuta prima donna ambasciatrice della storia per i soviet, veste in cui fu sapiente artefice di scelte politiche durature come la neutralità della Finlandia.
Chi è Aleksandra Kollontaj? Un'aristocratica russa, che molto presto rifiuta il suo ambiente e sceglie la rivoluzione. Prima donna al mondo a diventare ministro, al fianco di Lenin. Prima donna ambasciatrice del suo Paese. Grande oratrice multilingue, scrittrice eccellente, teorica dell'emancipazione femminile. Questo libro racconta la sua vita straordinaria e multiforme.
Un saggio proprio bello, ve lo dico subito: prima di tutto, perché madame Carrère d’Encausse scrive meravigliosamente, e poi perché la vita di Kollontaj, che s’intreccia alla storia tempestosa della Rivoluzione d’Ottobre (partecipa accanto a Lenin alla riunione ristrettissima che prepara lo scoccare della rivoluzione, per capirci) e della nascita dell’Unione Sovietica, tra missioni intercontinentali, clandestinità, scontri politici e innumerevoli amori, sempre vissuti con trasporto e grande libertà, anche in età avanzata (la sua bellezza era leggendaria quanto il suo talento d’oratrice, che le valse il soprannome di “Jaures in gonnella”), è a dir poco romanzesca.
Dal suo scranno di accademica d’inattaccabile reputazione, l’autrice sceglie di raccontarla con trasporto e profonda partecipazione, senza celare l’ammirazione e la simpatia per questa donna libera, colta, immensamente carismatica e vitale, intelligente, coraggiosissima ma sempre profondamente umana, nel bisogno d’amore, nel gusto per i ricevimenti sfarzosi all’ambasciata, nella “famiglia queer” che costruisce con l’amica di una vita, Zoja, la vedova dell’ex marito, e il figlio avuto da lui, figlio di cui sempre soffre la nostalgia quando le tempeste della storia la spingono lontano.
Protofemminista, Kollontaj è incrollabilmente dedita alla causa delle donne tanto quanto ai rapporti umani con loro. Si batte anzitempo per liberarle «dall’assoggettamento alla volontà e al piacere maschili» – fu molto attaccata e diffamata, anche a mezzo Pravda, per le posizioni di rottura sulla morale sessuale - e «dal peso della cura esclusiva della prole», che distoglie le donne dalla piena realizzazione professionale e creativa. Parlava per esperienza personale: il padre e poi il primo marito le diedero ogni sostegno perché potesse realizzare i propri talenti e aspirazioni, a cominciare dalla scrittura, grande costante della sua vita, quello che sentiva essere il suo compito ancor prima della politica, perché «scrivendo potrà servire i suoi simili».
Fil rouge dell’opera, insieme all’impegno per le donne, è il dipanarsi della vivace dialettica tra lei e Lenin: forte di una fama e di un prestigio personale indiscussi, conquistati sul campo, Kollontaj non esita infatti a scontrarsi apertamente col leader bolscevico. Mentre nelle pagine finali, senza farsi annebbiare lo sguardo dall’umana simpatia, Carrère d’Encausse si confronta col nodo più spinoso di quest’esistenza straordinaria, ovvero il fatto che, bordeggiandosi con destrezza e cautela, la valchiria della Rivoluzione passa quasi indenne, con i propri cari, attraverso le purghe staliniane. Insomma, ce n’è per un kolossal o una grande serie tv: attendiamo fiduciosi.
Esplorate in parallelo il lato oscuro della luna dell’augusta biografa attraverso Un romanzo russo (già Einaudi, ora edito da Adelphi), il non fiction novel in cui il figlio Emmanuel riporta alla luce la storia del nonno materno nell’URSS, «il segreto di mia madre, il fantasma che ossessiona la nostra famiglia».
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