Oppenheimer: architetto o distruttore di mondi?

Il passo più famoso fra quelli che sarebbe stato possibile scegliere dalla baghavad-gita risuonò - dicono - nella mente di Julius Robert Oppenheimer il 16 luglio 1945.
Oppenheimer si trovava in una base militare del deserto del New Mexico, e aveva appena assistito all'esplosione di test del primo ordigno atomico.
Guardando quel fuoco senza precedenti, Oppenheimer comprese a fondo quel che aveva contribuito a costruire, mattone dopo mattone, atomo dopo atomo, fino all'inevitabile conclusione di cui forse avvertì in quel momento di essere stato agente inconsapevole. 

Nato a New York nel 1904 da genitori ebrei di origine tedesca, Julius Robert Oppenheimer dimostrò sin da ragazzo di possedere eccezionali capacità: laureatosi con lode ad Harvard, conseguì in seguito un dottorato in fisica teorica presso l'Università di Göttingen, in Germania, prima di tornare negli Stati Uniti dove avrebbe intrapreso una carriera accademica straordinaria.

Il punto di svolta nella sua vita fu senz'altro la nomina a direttore scientifico del Progetto Manhattan, nel 1942.
Lo scienziato fu posto alla guida di un team di formidabili scienziati per sviluppare quella che sarebbe diventata l'arma in grado di sovvertire le sorti della guerra e di stabilire la supremazia americana in un contesto geopolitico in rapida evoluzione. 
L'urgenza dettata dalle contingenze della guerra costrinse il team a lavorare in condizioni di eccezionale pressione, ma questo non fece mai perdere di vista ad Oppenheimer il difficilissimo equilibrio del progetto cui doveva sovrintendere. Il successo del test, cui abbiamo accennato in apertura, fu in un certo senso anche il fallimento di un'idea dell'umano: la bomba segnava la possibilità concreta di estinguere la civiltà e forse persino la vita umana sul pianeta terra. I dilemmi morali che attanagliavano Oppenheimer e il suo team divennero quelli di un'intera generazione. Da questo punto di vista, il recente blockbuster di Christopher Nolan con Cillian Murphy a vestire i panni di Oppenheimer è sicuramente un film che va guardato. 

Pare che all'origine della scelta di battezzare "Trinity" il sito nel quale avrebbe avuto luogo il test, Oppenheimer si sia rifatto a una poesia di John Donne.
Uomo di grande cultura, Oppenheimer avrebbe avuto modo - specialmente negli ultimi anni della sua vita - di riflettere su quanto la sua formazione umanistica non avesse saputo impedirgli di pervenire a un risultato che sarebbe stato naif considerare "controllabile", e la sua ferma opposizione allo sviluppo della bomba all'idrogeno ne fu testimonianza. 

Negli anni successivi alla guerra, Oppenheimer divenne infatti un sostenitore incrollabile del controllo internazionale delle armi nucleari e non perse occasione per mostrarsi fortemente critico rispetto alla crescente corsa agli armamenti ingaggiata dagli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. I suoi accorati appelli in nome del disarmo nucleare evidenziarono la sua convinzione della necessità per l’umanità di affrontare le implicazioni etiche delle sua possibilità tecnologiche.

La posizione di Oppenheimer avrebbe anche determinato la sua caduta.
Nel clima da caccia alle streghe indotto dal maccartismo negli anni '50, le passate simpatie dello scienziato per organizzazioni di sinistra e la sua esplicita opposizione allo sviluppo della bomba all'idrogeno lo resero bersaglio di sospetti e diffamazione. Nel 1954, in seguito a un processo istituito e condotto strumentalmente, il nullaosta alla sicurezza cui Oppenheimer aveva diritto fu revocato, ponendo di fatto fine al suo coinvolgimento negli affari governativi.

Nonostante le grandi sfide che dovette affrontare, l'eredità di Oppenheimer continua a interrogarci e ammonirci sui pericoli che ogni progresso scientifico incontrollato comporta.
I contributi nel campo della fisica teorica rimangono ineludibili achievements della ricerca della fisica nel 20° secolo.
Ma accanto a quelli, la sua sensibilità inquieta e dubbiosa rispetto alla natura dell'umano continua a far riflettere sulla natura intrinsecamente ambigua dell'innovazione tecnologica.

Nell'anniversario della nascita di Oppenheimer, dovremmo dunque aver cura di celebrarne non solo i successi scientifici, ma anche - soprattutto? - l'incessante ricerca di chiarezza morale in un'epoca di straordinarie scoperte. Riuscirà la sua eredità ad ispirarci nell'affrontare i dilemmi etici del nostro tempo con saggezza, coraggio e compassione?