Anniversari e Ricorrenze

Etty Hillesum, la libertà oltre il filo spinato

Illustrazione di Giovanna Bossi, 2024, studentessa del Liceo artistico Volta di Pavia

Illustrazione di Giovanna Bossi, 2024, studentessa del Liceo artistico Volta di Pavia

Tutte le volte che mi mostrai pronta ad accettarle, le prove si trasformarono in bellezza.

Nasceva 110 anni fa, il 15 gennaio del 1914, la scrittrice olandese Etty Hillesum, al secolo Esther. Ma ne aveva appena ventinove quando venne uccisa nel campo di concentramento di Auschwitz.

Avrebbe avuto la possibilità di salvarsi - la ebbe, in realtà, diverse volte - ma Etty preferì condividere il destino del suo popolo fino all'ultimo, salendo sul treno che la portò fino al campo di transito di Westerbork e poi dritto fino alla neve e al gelo della Polonia.

Della sua vita ci rimane però una testimonianza forte, viva e rumorosa: Etty stessa, che prima di partire consegna il suo diario - due lunghissimi anni di riflessione - all'amica Maria Tuinzing, che riuscì dopo diversi anni a farlo pubblicare.

Un resoconto precisissimo della sua vita di giovane laureata in preda a turbamenti emotivi, sentimentali e morali.

Etty nasce in una famiglia russo-olandese di origine ebraica: il padre Levie insegnava lingue classiche, la madre Riva, originaria della Russia, giunge nei Paesi Bassi agli inizi del secolo. Laureata in giurisprudenza ed in lingua e letteratura russa all'università di Amsterdam. Nella capitale olandese conoscese Julius Spier, tedesco studioso di Jung e fondatore della psicochirologia, con cui intesse una fitta relazione intellettula e - si evince dai Diari - una relazione fisica e sentimentale. Ma Spier, ebreo anch'egli, morirà di cause naturali nel 1942, quando Etty era ancora libera, se pur per pochissimo.

Testimone attenta e partecipe degli eventi storici del Novecento e vittima - consapevole - della Shoah, Etty Hillesum ci ha lasciato degli scritti brillanti, in cui si interroga su religione e psicologia, sui sentimenti che spingono gli uomini a iniziare e finire le guerre e sulla necessità - sempre incessante - di studiare, di conoscere, di comprendere e capire. Per migliorare se stessa e il mondo che la circonda, per non farsi abbruttire dagli avvenimenti della Storia e per far sì che il futuro riserbi qualcosa di migliore, di più bello.

Perché per Etty ogni cosa, bella o brutta, andava vissuta appieno, fino in fondo; con la passione infuocata che l'aveva animata per tutta la vita e che anima ancora le pagine dei suoi scritti.

Prima di salire sul treno che la portava verso Auschwitz, Etty riuscì a scrivere un biglietto, che fu ritrovato lì per terra:

Abbiamo lasciato il campo cantando.

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