Martedì 13 dicembre
Con ieri sono passati cinquantatré anni dalla strage di Piazza Fontana, 12 dicembre 1969. 17 vittime, e poi il monumentale funerale muto in una giornata che si chiuse con la diciottesima vittima, Pino Pinelli.
Come tutti ormai sanno, furono i neonazisti di Ordine Nuovo, guidati dai vertici della polizia (al Viminale operava la potente organizzazione detta degli “Affari Riservati”) a finanziare e a proteggere gli assassini e ad assicurare i colpevoli da dare in pasto all’opinione pubblica. Lo scempio ha avuto successo: per la strage non ci sono colpevoli.
Nei decenni i governi italiani, tra reticenze e collusioni hanno dato la peggior prova di sé; il parlamento ha organizzato ridicole commissioni d’inchiesta; la magistratura, pavida a dire poco, per altrettanti decenni ha insabbiato, depistato, coperto.
Se oggi si sa la verità, questo è merito solo della popolazione milanese, degli anarchici, di due generazioni di italiani che non hanno mai smesso di scendere in piazza, della tenacia dei familiari delle vittime e di “militanti della giustizia” che non hanno mai smesso di indagare.
Il 12 dicembre, da cinquantatré anni, in piazza Fontana si svolge una cerimonia di ricordo. Nell’occasione, in genere, dalle istituzioni di Roma arrivavano parole generiche; qualche volta addirittura qualche autorità.
Quest’anno, neppure questo.
Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, non ha detto niente; peccato.
Ignazio La Russa, presidente del Senato, neppure. Meglio così
Della strage di Piazza Fontana Enrico Deaglio ha parlato diffusamente anche lo scorso anno. Potete leggere l'articolo qui
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