Ho sempre fatto inchieste o scritto sceneggiature. Nelle inchieste parlano i fatti, nelle sceneggiature i dialoghi e le espressioni dell'attore.
Andrea Purgatori era un uomo serio ma non serioso.
Nonostante la sua autorevolezza di giornalista d’inchiesta, spesso intento a scavare coi ferri di un mestiere ingrato nei fatti più drammatici della storia repubblicana o negli intrecci di altri Paesi, Purgatori non ha mai lasciato che il suo bel volto si cristallizzasse in un’espressione triste o, peggio ancora, senza speranza.
Al contrario, quei lineamenti un po’ antichi, da uomo che comprendeva la gravità della situazione ma non se ne lasciava sopraffare, Purgatori li ha messi anche al servizio di storie raccontate al cinema e alla televisione con piglio lieve, di affabulatore: sceneggiatore, autore televisivo, conduttore, attore…
Qualsiasi cosa facesse, Purgatori riusciva a farla nella convinzione che sarebbe stata utile a qualcuno, informando o intrattenendo, indagando o recitando, senza mai vivere come una contraddizione questa inclinazione ubiqua, trasversale, ricchissima.
Guardiamolo ad esempio recitare nei panni sartorialmente trasandati dell’avvocato Kalenzuc in Boris, oppure vestire l’orbace del camerata Fecchia in Fascisti su Marte o – ancora – compiere il più efferato dei delitti – quello di una carbonara fatta a regola d’arte per mezzo di un’aggiunta di panna – nell’autointervista realizzata per la sua trasmissione Atlantide: quello che abbiamo davanti agli occhi è un uomo che non ha paura di mettersi in gioco e mostrare il lato ludico del suo carattere.
E questa è forse la ragione principale per cui – tanto sullo schermo quanto sulla pagina – Andrea Purgatori funzionava bene.
Sì, “funzionava”, come funziona una macchina da scrivere o una telecamera, ma il valore complessivo di Andrea Purgatori è sempre stato superiore alla somma delle parti.
Il lavoro per il quale continueremo a ricordarlo a lungo, però, è senz’altro il giornalismo d’inchiesta.
A lungo inviato del Corriere della Sera, ha scritto di terrorismo, intelligence, criminalità.
In particolare, Purgatori ha condotto inchieste su casi scottanti del terrorismo internazionale e sullo stragismo italiano nei cosiddetti "anni di piombo”.
Ha seguito e raccontato a lungo due fra i casi più intricati e scottanti degli anni a cavallo fra il decennio dei Settanta e gli Ottanta: il caso del rapimento e dell’uccisione del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, da parte delle Brigate Rosse, e soprattutto la strage di Ustica, seguita all’incidente occorso ad un DC 9 Itavia sopra i cieli di Ustica, il 26 giugno 1980.
Fu lui a titolare “Tracce di tritolo sul DC9 di Ustica” e a inseguire la pista di un missile che aveva colpito l'aereo, restando poi accanto alle famiglie delle vittime e spendendosi attivamente perché l’inchiesta non venisse archiviata. Ha rivolto la sua lente anche su molti fatti di mafia: a partire dal 1982 e fino alla cattura di Salvatore Riina, per poi occuparsi di guerre e di conflitti in Medioriente, realizzando reportage su molti conflitti (la guerra in Libano del 1982, la guerra tra Iran e Iraq degli anni Ottanta, la guerra del Golfo del 1991, l'Intifada e le rivolte in Tunisia e Algeria).
Purgatori è stato anche presidente di Greenpeace Italia tra il 2014 e il 2020, a conferma del suo lato 'ecologista'.
Un impegno che ha valorizzato anche attraverso il programma di La7 da lui condotto, Atlantide, nel quale più volte ha dato spazio al tema del cambiamento climatico.
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