L’idea del lavoro minorile, da questa parte di mondo, evoca i romanzi di Charles Dickens con il suo Oliver Twist, o le fabbriche di paesi asiatici in cui piccole mani di bambini assemblano minuscole componenti elettroniche.
Incentrato sulle alterne fortune del piccolo Oliver, il libro è una sorta di racconto fiabesco che sa descrivere la multiformità del mondo grazie anche a una mobilissima visione sottolineata dal continuo gioco di piani, che allarga e restringe il campo tra personaggi, classi sociali, società nel suo insieme; tra paesaggi rurali, panorami urbani, vie cittadine, caseggiati, botteghe e abitazioni...
Il lavoro minorile però non è un fenomeno da rivoluzione industriale, o relegato ad alcune regioni del mondo, è invece pratica estremamente diffusa che, a leggere i dati di Ilo e Unicef, riguarda 160 milioni di bambine e bambini, 79 milioni dei quali impiegati in attività pericolose.
Il 12 giugno è la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile ma, dopo aver registrato un calo costante dei numeri per molti anni, durante la pandemia il fenomeno è tornato a crescere in maniera preoccupante. Il lavoro dei minori costa meno, e le loro caratteristiche fisiche sono particolarmente appetibili nelle miniere e nelle cave, nelle fornaci delle vetrerie e nel confezionamento di abiti e scarpe, nella tessitura dei tappeti e nelle vasche piene di reagenti chimici delle concerie. Raccolgono prodotti nelle piantagioni e coltivano la terra, e non è inusuale che diventino schiavi per ripagare i debiti dei genitori o che siano costretti a prostituirsi.
Nel libro è narrata una storia vera, quella di Iqbal Masih, che venne assassinato in Pakistan a tredici anni dalla "mafia dei tappeti" per avere denunciato il suo ex padrone e avere contribuito a far chiudere decine di fabbriche clandestine e a liberare centinaia di bambini schiavi come lui.
La storia di Iqbal Masih è quella cui spesso si ricorre per raccontare le lotte per l’abolizione del lavoro minorile perché il bambino pakistano, venduto a un fabbricante di tappeti in giovanissima età, nel 1993 a soli dieci anni inizia a partecipare a manifestazioni nel suo paese e a conferenze internazionali, denunciando le violenze e lo sfruttamento cui sono sottoposti milioni di minori in tutto il mondo.
Morirà nel 1995, ucciso da un colpo di pistola alla schiena, ma il suo attivismo e impegno sono diventati il propulsore per la rivendicazione dei diritti dell’infanzia contro la schiavitù del lavoro.
Se già da metà ‘800 si inizia a discutere in Europa e negli Stati Uniti della condizione dei lavoratori minorenni, provando a intervenire limitando mansioni e orari di lavoro, fu però l’introduzione della scuola dell’obbligo a dare un contributo fondamentale nella riduzione del fenomeno.
La correlazione tra povertà, mancanza di istruzione e lavoro minorile è evidente, e oggi, in Italia, l’impiego di minori in attività lavorative è tutt’altro che superato. Tanto rilevante è la questione che l’associazione Save the Children, in collaborazione con la Fondazione di Vittorio, ha deciso, dopo dieci anni, di aggiornare l’indagine sul lavoro minorile nel nostro paese. La difficoltà a reperire dati affidabili è un evidente limite, e l’attività ispettiva non riesce a intercettare che una piccola quota di giovani lavoratori.
Il contributo che qui presentiamo è frutto di un lavoro di oltre dieci anni, sviluppato nei territori della provincia di Pisa e non solo. Non vuole essere un libro dei ricordi ma la conoscenza di buone pratiche da integrare, modificare e utilizzare nelle scuole per agevolare il rapporto dei giovani con le istituzioni e le comunità di appartenenza.
Nel 2020 sono stati 127 i casi accertati di lavoro irregolare, ma Save the Children stima che siano 336 mila i minori coinvolti nel nostro paese e tra i 14-15enni lavoratori, il 27,8% dichiara di aver svolto attività particolarmente dannose per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico.
Un focus importante, inoltre, è rappresentato dall’approfondimento condotto con il supporto del Dipartimento della Giustizia Minorile su adolescenti e giovani adulti all’interno del circuito penale, da cui emerge come il 66% di loro abbia svolto una qualche attività lavorativa prima dei 16 anni.
Anche in questo caso, il collegamento tra esclusione sociale, povertà e dispersione scolastica è molto forte, e i dati emersi dovrebbero essere la leva attraverso la quale dotare di maggiori risorse il sistema della giustizia minorile, in modo che ai ragazzi e alle ragazze intercettate vengano offerte opportunità formative e professionalizzanti cui, nella maggior parte dei casi, non hanno avuto accesso durante gli anni dell’obbligo scolastico.
La legge del profitto uccide l'infanzia, trasformando un numero crescente di bambini del Terzo mondo in piccoli lavoratori-schiavi e, nel contempo, trasformando i minori dei paesi ricchi in super-consumatori di prodotti, spesso fabbricati dai primi. Il fenomeno del lavoro infantile è aumentato considerevolmente negli ultimi vent'anni: i bambini sfruttati sono passati da 56 milioni a oltre 250 milioni.
A livello nazionale la situazione è allarmante: 1,9 milioni di famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta, una dispersione scolastica al 12,7% e il primato europeo di Neet, giovani che non studiano e non lavorano, a quota 23,1% contro il 13,1% della media Ue.
Non si può ragionare di eliminazione del lavoro minorile se non partendo da questi dati, inquadrando il fenomeno in una dimensione estremamente complessa, che riguarda la responsabilità collettiva di fornire in maniera equa strumenti di accrescimento culturale ed emancipazione. Nel frattempo negli Stati Uniti, dove le prime leggi per contrastare il lavoro minorile sono state emanate agli inizi del 1900, ci sono delle proposte di riforma che vogliono sopperire alla mancanza di manodopera in alcuni settori reintroducendo l’impiego degli adolescenti.
Il 12 giugno del 2002 è stata istituita la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile e oggi, a ventuno anni di distanza, è evidente come sia necessario moltiplicare gli sforzi affinché povertà, marginalità e scarsa istruzione, non tornino a essere l’alibi attraverso cui si legittima lo sfruttamento dell’infanzia e si comprimono i diritti di bambini e bambine in ogni parte del mondo.
"Cari lettori, nel mondo moltissimi bambini vivono ancora in situazione di povertà estrema, devono lavorare per sopravvivere e non possono frequentare una scuola che li aiuti ad affrontare il loro futuro. I veri cattivi e responsabili in questa storia sono difficili da individuare, stanno ben nascosti.
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