Diario di bordo

Quando RAI 3 comprò un orribile film pro-Putin di Oliver Stone

Venerdì 1 luglio

Ho visto che il regista americano Oliver Stone è stato messo in una lista italiana di giornalisti e intellettuali che hanno, diciamo così, una specie di sudditanza psicologica nei confronti di Putin. Come sapete, la lista è stupidamente inquisitoria, grossolana e anche un po’ maccartista, per quasi tutti i coinvolti.
Ma farei un’eccezione gustosa per Oliver Stone, di cui ho un ricordo personale.

Le cose andarono così. Nell’ottobre 2017, Rai 3 mandò in onda, due puntate di due ore ciascuna in prima serata, una clamorosa intervista del regista americano più di sinistra di Hollywood (ricorderete certo JFK e Platoon) allo zar di Mosca, in quel momento sotto accusa per aver hackerato le elezioni presidenziali americane e fatto eleggere il suo amico e socio in affari Donald Trump. Uno scoop, niente da dire.

Io all’epoca lavoravo per il Venerdì di Repubblica che mi incaricò di intervistare Oliver Stone, per telefono, a Los Angeles.
Quindi mi sbobbai le quattro ore, che mi sembrarono la più grande marchetta mai prodotta e, sinceramente, una vergogna per un grande regista con il suo passato: Putin appariva come un eroe della pace, un uomo buono, un cristiano che si era fatto costruire una cappella privata in cui andava a meditare.
E si parlava a lungo dell’Ucraina, delle mene della NATO e della convinzione di Putin medesimo che gli Stati Uniti volessero scatenare la terza guerra mondiale.

Quando chiesi a Stone perché non gli avesse fatto una sola domanda scomoda, lui rispose dicendo che questo non era il suo compito.
Quando gli chiesi perché non avesse parlato dell’hackeraggio delle elezioni americane (di cui al momento Putin era accusato, dalla commissione d’inchiesta Mueller), del “Caso Magnitsky”, un avvocato ucciso in carcere perché aveva scoperto la cleptocrazia di Putin, ad Oliver Stone saltarono letteralmente i nervi; se avete voglia di leggere la mia intervista, la trovate negli archivi di Repubblica.

Sono passati cinque anni, ma ancora adesso mi chiedo perché Rai 3 comprò quel programma, che certo non faceva onore a chi l’aveva prodotto.

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