Diario di bordo

Ambassador Bridge: quando anche i ponti dividono

Mercoledì 9 febbraio

Appena qualche anno fa, sull’onda di Donald Trump e della sua pazzia, l’idea di costruire muri un po’ dappertutto “per difenderci dagli altri” cominciò a prendere piede.
Muri a Ceuta, a Calais, in Ungheria, in Israele, muri di navi militari davanti ai porti italiani… E allora, le persone di buon senso dicevano: “costruite ponti! Non muri!”, i ponti uniscono, i muri dividono.

Ma non sempre è così, anche i ponti possono diventare un incubo, se si guarda a quello che succede sull’Ambassador Bridge che unisce la città americana di Detroit, Michigan e la città di Windsor, Ontario, Canada. Costruito nel 1929 e lungo 2,3 chilometri, per molto tempo l'Ambassador Bridge è stato il ponte a campata centrale più lungo del mondo.
Grazie ad esso è stata costruita l’integrazione economica pressoché completa tra Stati Uniti e Canada, in particolare per i colossi dell’auto, che assemblano pezzi di vetture assemblate di qua e di là dal confine. L’Ambassador Bridge si è trasformato in un incubo: da dieci giorni è bloccato da circa 400 camionisti canadesi che protestano contro l’obbligo vaccinale imposto dal Canada e dagli Usa per varcare il confine.
La protesta è diventata giorno dopo giorno più aggressiva – camion hanno anche circondato il Parlamento ad Ottawa – tra arresti, denunce, proteste dei cittadini che cominciano a vedere i supermercati svuotarsi; la polizia canadese ammette di essere impotente; sono comparse, oltre alle bandiere dei No Vax, i cartelli delle organizzazioni di estrema destra americana, da QAnon, ai Confederati, ai Nazisti. Sui social, si segue con allarme l’aumento vertiginoso delle adesioni alla protesta in America;  una carovana di camion che si appresta a partire dalla California per arrivare a Washington, aizzata dalla destra del partito repubblicano. Intanto l’industria dell’auto, già in crisi, collassa sempre più.

Cosa si fa contro un muro iniquo? Lo si abbatte. La storia riporta tanti esempi.
Ma cosa si fa contro “un ponte in mano nemica” (come Italo Calvino definì l’ultimo ostacolo dei partigiani verso la libertà) ancora non si sa. Speriamo che vada a finire bene.    

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