Diario di bordo

Cile, la straordinaria vittoria dei “millennials”

Lunedì 20 Dicembre

“Mi son trovato faccia a faccia con Boric vincitore e l’ho salutato da parte della Repubblica Italiana. Forse ho esagerato, ma mi è venuta cosi”.
Tranquillo, Paolo: non ci sarà nessun incidente diplomatico. Sei solo arrivato primo.

Sono le parole e le foto arrivate nella notte via Facebook spedite da Paolo Hutter, il "ragazzo di cinquant’anni fa”, incarcerato nel Cile di Pinochet, di cui vi ho parlato lunedi scorso qui su Maremosso. Paolo ha raccontato in diretta da Santiago gli ultimi giorni di una campagna elettorale che ha avuto ieri notte i risultati clamorosi: Gabriel Boric, 35enne, che fu dieci anni fa il leader della grande rivolta studentesca contro i resti della dittatura, e poi due volte deputato, è oggi il più giovane presidente dei 200 anni di storia del paese.
A capo di una coalizione di centrosinistra, ha battuto nettamente (56 a 44) José Antonio Kast, il candidato di estrema destra, che pure aveva vinto al primo turno.

Al ballottaggio di ieri, invece, la sorpresa che nessun sondaggista o analista politico aveva previsto (il nostro Paolo, pur incrociando le dita, ci aveva preso).
Hanno votato mezzo milione di persone in più dell’ultima volta; e soprattutto hanno votato in massa i giovani e le donne – dal nord al sud del lunghissimo paese – determinando la vittoria di Gabriel. Vittoria dei “millenials” è il primo commento del quotidiano di Santiago “La Tercera”.

Le promesse di Boric sono molto alte: introdurre un po’ di stato sociale nel paese più liberista del mondo; far pagare le tasse ai ricchi (in un paese ricchissimo di materie prime di proprietà privata); difendere le minoranze e i diritti umani. Non sarà facile realizzare tutto subito, serviranno ampie coalizioni e moderazione. Potrà Boric essere deposto come avvenne nel 1973 con il governo socialista di Salvador Allende? Nessuno prevede per ora una seconda tragedia e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo quando il perdente Kast, a scrutinio ancora in corso, ha telefonato a Boric complimentandosi per la sua vittoria e assicurando di rispettare le regole della democrazia.

Buon segno, negli Stati Uniti – la patria della democrazia che nel 1973 ebbe un certo ruolo negli avvenimenti cileni - appena l’anno scorso il perdente non accettò il verdetto delle urne. Almeno in questo, per ora in Cile (domani con Bolsonaro in Brasile?), Trump non ha indicato la via.

  

 

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