Nella ex DDR una sconosciuta scienziata, figlia di un ministro di culto, diventa in pochi anni il capo di uno dei più importanti partiti politici. Grazie a lei e alla sua visione politica, nel corso vent'anni formidabili la Germania amplierà la sua influenza in Europa, confermando la propria posizione determinante nello scacchiere internazionale. Quella stessa donna, formatasi umanamente e professionalmente in un Paese diviso da un muro, riuscirà a influenzare sensibilmente le sorti dell’economia e quindi della vita di milioni di persone.
No, non è un thriller fanta-politico: è quel che è accaduto accanto a noi, adesso, nel tempo che abitiamo. È la storia, umana e politica, di Angela Merkel, cancelliera uscente della Germania, una delle più importanti figure del nostro secolo, già presente da tempo nei libri di storia. E così ce la racconta Tonia Mastrobuoni, corrispondente da Berlino per La Repubblica, già inviata de La Stampa, cronista parlamentare e giornalista economica per Reuter e Il Riformista.
L’Inattesa è l'ultimo libro di Mastrobuoni, appena uscito per Mondadori e il libro si pone come una elegia - giornalisticamente rigorosa e documentatissima - a una figura cui forse non è stata sempre resa la giustizia che avrebbe meritato.
Tonia Mastrobuoni, con il piglio narrativo e la capacità analitica che si riscontra nei suoi reportage intreccia l'ordito di racconti e retroscena inediti, mostrando il raro talento politico di Angela Merkel.
Buongiorno Tonia Mastrobuoni. Partiamo dalla domanda più facile: perché un titolo come L’inattesa?
‘Inattesa’ è riferito al primo periodo di Angela Merkel quando lei irrompe nella politica tedesca e nel suo partito, la CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands), un partito dominato, stra dominato, da uomini, tutti di una certa età, quasi tutti cattolici. Merkel è donna, arriva dall'Est, arriva dalle macerie del muro di Berlino, è una scienziata, non ha mai avuto a che fare con la politica ed è protestante, una ‘inattesa’ dunque. L’aggettivo mi è stato suggerito da una frase di Annette Schavan, ex ministro in uno dei suoi governi e ottima amica della cancelliera. ‘Inattesa' perché comparendo sulla scena politica, prima ha sbaragliato tutti i suoi avversari nel partito, poi è diventata ministro, dopo ha conquistato il cancellierato e infine la scena politica tedesca, il tutto grazie al suo straordinario talento.
E ‘inattesa' Angela Merkel lo è tuttora. In queste ultime elezioni politiche si è visto infatti che tantissimi elettori dalla CDU sono migrati alla SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands) o ai Verdi, quindi in questi sedici, vent’anni, in cui Merkel è stata anche capo del suo partito, che cosa è riuscita a fare? Ha cannibalizzato tutti i partiti per creare un grande centro capace di dominare la Germania. Poi nel dopo Merkel, invece di accogliere questa eredità, la CDU ha cercato di ridefinire la propria identità spostandosi a destra, perdendo la bussola ma questa è un’altra storia.
Naturalmente c'è una parte di responsabilità anche da parte della cancelliera in quello che è successo alle ultime elezioni in Germania, non ha preparato eredi - anzi, ha cercato in qualche modo sempre di eliminare gli avversari. È sempre stato così, ma questa è un'accusa che viene rivolta più facilmente a una donna.
Merkel è stata come un 'proteo', un politico capace di trasformarsi sempre in qualcos'altro, da questo punto di vista è stata un fenomeno. Si è sempre appropriata di idee altrui e, dopo il muro di Berlino, è stata la leader più post ideologica che si possa immaginare, forse in questo senso la più moderna. Per esempio, a cavallo tra la caduta del muro di Berlino e la riunificazione, lei fece una campagna elettorale per la quale coniò questo slogan, molto efficace: ‘non siamo a destra, né a sinistra, siamo avanti’. E continuando in questo ragionamento, spesso ha ripreso una serie di proposte di sinistra senza battere ciglio, senza mai farne una questione ideologica, l'unico limite che ha posto, e spesso si dimentica di citarlo, è stato verso la destra dicendo: 'mai con la AfD (Alternative für Deutschland), mai con l'ultra destra’. E questa è una grande lezione anche per l'Italia.
Quindi niente ideologie per Merkel. Possiamo parlare, allora, di paradigmi e idee operative?
Certamente. Da ricordare poi un suo famoso cambio di paradigma che ha reso Merkel ancora più celebre. Era il 2015, durante la crisi dei migranti, a una bambina palestinese che, incontratola, le aveva detto: 'io voglio studiare, voglio avere una vita come quella di chi mi sta attorno', Merkel, con pragmatismo tutto tedesco, aveva risposto: ' Ma non possiamo accogliervi tutti.' Poi però qualche tempo dopo, è la stessa Merkel a raccontarlo, durante una sua visita a un campo profughi ha cambiato e ha deciso di ‘aprire’.
Bisogna ricordare cosa accadde quell'anno.
Nel 2015 arrivarono tanti profughi, tanti migranti dal Mediterraneo, ma fin tanto che passavano attraverso l'Italia, la Spagna, la Grecia, nessuno se ne curava. Quando invece cominciarono a prendere un'altra rotta, la rotta balcanica arrivando dalla Siria che era in guerra civile, direttamente al centro dell'Europa, questo cominciò a essere un problema politico. Era poi l'estate in cui un famoso settimanale tedesco aveva criticato Merkel facendole una copertina in cui la chiamava 'la regina di ghiaccio'. Era l'estate della Grecia e di quel tremendo Consiglio europeo - io ero presente - che si risolse alle 7 di mattina, Consiglio nel corso del quale la Grecia fu salvata quasi per miracolo. All'avvio, il ministro delle finanze tedesco, Schauble, aveva addirittura proposto di mettere la Grecia fuori dall’Unione Europea per cinque anni. Questo era il clima, un'estate drammatica.
In questo contesto, con un problema di immagine enorme, succede questo incidente della ragazza palestinese e Merkel comincia con un discorso che sostanzialmente è un 'non ce la faremo'. E poi l'estate si sviluppa e c'è come una pressione crescente su di lei perché vada a visitare un campo profughi, cioè mostri un segno di solidarietà. Merkel è reticente, non vuole farsi vedere con i profughi, non vuole fare cose forse troppo elettorali, troppo facili. Succede però che alla fine si reca nel campo profughi di Heidenau, vicino a Dresda, e viene accolta da una folla inferocita di estremisti di destra e di cittadini che la insultano pesantemente e lei si irrigidisce. Due persone che conoscono bene la cancelliera hanno osservato che se c'è un momento in cui Merkel s'intestardisce è proprio quando sente una pressione ingiusta su di sé e quella, per lei, era una pressione ingiusta. A quel punto, la sera stessa, è un episodio abbastanza inedito, Merkel si reca a una riunione con il suo partito, una riunione in cui le chiedono di agire, di chiudere le frontiere. Ecco: è stato in quel momento che ha compiuto la svolta. Alcuni ripetono la sua frase: 'non ci penso nemmeno' e così, qualche ora dopo, alla conferenza stampa, lei pronuncia invece il famoso: 'Ce la facciamo, ce la faremo.' Quello che l'ha fatta scattare è stato un misto di cose ma anche la consapevolezza, profondamente cristiana, che la misericordia, la sua idealità, siano dei valori assolutamente importanti.
E in Italia quanto e cosa ci vorrà perché si veda emergere una figura come quella di Angela Merkel nel nostro panorama politico?
Quello che a me colpisce è la grande maturità dei tedeschi. In queste ultime elezioni i tedeschi hanno votato, all' 85 per cento, per dei partiti di centro. Questo significa che loro non hanno bisogno del 'tribuno', del pifferaio magico, di cui invece abbiamo spesso l'impressione invece ci sia bisogno in Italia. Anzi, c'è stato un articolo di un grande giornale americano - articolo che io non condivido - che a proposito di queste elezioni tedesche sosteneva esserci stata addirittura una ‘monotonia’ dovuta all’assenza di leader carismatici. Invece questo per me è un segno di maturità; in tempi di populismi significa che ai tedeschi non importa del carisma ma che guardano ai contenuti e per questo hanno votato un uomo come Olaf Scholz, un uomo molto sobrio, non certo dotato di grande magnetismo, quello che insomma qualcuno definirebbe ‘noioso’.
Per chiudere, qual è l’eredità che Angela Merkel - l’inattesa - lascia all’Europa?
La più grande eredità che Merkel lascia all'Europa è il Next Generation Eu. Lo fa naturalmente per tutta una serie di pressioni, come ricordo nel libro, e non solo per Giuseppe Conte, naturalmente: piuttosto è la pressione che viene da Emmanuel Macron in quel momento che teme il predominio della Germania, una volta finita la pandemia. A questo proposito c'è un aneddoto interessante da ricordare ed è quello secondo il quale i grandi boss dell'automobile tedesca, il vero cuore dell'industria germanica, quando Merkel impone di riaprire le fabbriche a un certo punto dicono: ‘Ma come facciamo a riaprire le fabbriche se l'Italia è chiusa? Noi senza l'indotto italiano non possiamo produrre neanche una BMW, neanche una Daimler, niente.’ È lì, in quel momento che Merkel si rende conto di quanto la Germania sia connessa all'Europa e allora si muove per dare sostanza al Next Generation Eu che è un progetto rivoluzionario, in cui sono stati stanziati tantissimi soldi finanziati per la prima volta con bond ‘nostri’. E in cuor suo Merkel lo sa: questa è la sua eredità per l’Europa.
Grazie mille, Tonia Mastrobuoni! L'appuntamento è al prossimo libro.
Ma chi ha detto: "Mandiamo i bamboccioni fuori casa!" lo sapeva che per l'attuale 'generazione mille euro' comprare casa è un miraggio, ottenere un prestito o tramutare un'idea geniale in un'impresa una missione impossibile, approfittare della flessibilità per costruirsi una carriera in ascesa una pia illusione?
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