Arrivi e partenze

Giorgio Pinotti racconta Milan Kundera

La sigla delle interviste "Il profumo delle pagine" è cantata da Laura Salvi - compositore Marco Zoppi

La sigla delle interviste "Il profumo delle pagine" è cantata da Laura Salvi - compositore Marco Zoppi

Un Occidente prigioniero
Un Occidente prigioniero Di Milan Kundera;

Con una veemenza che il nitore argomentativo non riesce a occultare, Kundera accusa l'Occidente di avere assistito inerte alla sparizione del suo estremo lembo, essenziale crogiolo culturale. Una «visione centroeuropea del mondo», quella qui proposta, che oggi appare ancora più preziosa e illuminante.

L’Europa vive sui ponti.
I ponti uniscono lingue, culture, città e cittadini, collegando rive e accorciando distanze.
Giorgio Pinotti conosce bene l’importanza dei ponti, e non solo perché la sua ultima traduzione prende le mosse da un discorso che si tenne nei paraggi di un ponte celeberrimo, il Karluv Most di Praga. Il fatto è che Pinotti sa bene come il mestiere del traduttore sembri evocare e far proprio lo spirito col quale sono costruiti i ponti.
“Un occidente prigioniero”, di Milan Kundera, è un libro con poche pagine, ma sorprendente nei concetti espressi. Un libro che arriva a noi partendo da lontano, e grazie agli uffici di Pinotti (e della casa editrice Adelphi) aggiunge parole necessarie a un momento storico di grande incertezza.

L’invasione russa dell’Ucraina, infatti, interroga profondamente l’identità stessa di un continente che – da quando ne è stata teorizzata l’unità in senso geopolitico – non è riuscito a mettere a valore le infinite differenze di cui si compone.
L’euro circola ormai da vent’anni, ma il conio migliore di cui l’Europa potrebbe disporre non è tanto una moneta comune, quanto una cultura che riuscisse a comprenderne cento, senza volerne appiattire le differenze e anzi trovando in quelle il vero valore aggiunto di una Storia millenaria.

“Un occidente prigioniero” riporta per la prima volta in forma di libro due interventi di Kundera – scrittore del quale Pinotti è traduttore italiano da molti anni – risalenti al 1967 e nel 1983. Il primo fu un discorso tenuto a Praga davanti al Congresso dell'Unione degli scrittori. Davanti a un’assemblea di intellettuali boemi e mitteleuropei che si interrogavano sul rapporto che avrebbero dovuto tenere rispetto ai “barbari” che minacciavano di invadere il Paese, Kundera pronunciò un’appassionata orazione in favore del definitivo "distacco della poesia dal palazzo". L’intellettuale, per poter esser considerato tale, dev’essere libero.

Il secondo intervento è invece apparso in forma di articolo nel novembre 1983 su "Le débat", prestigiosa rivista francese.
Oggetto della requisitoria: la sparizione di un lembo essenziale d’Europa: Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, quelle “piccole nazioni” colpevolmente lasciate sole dall’Europa occidentale, che le considerò come fisiologicamente destinate a essere attratte dall’orbita slava, che esercitava la sua gravità da est e al centro della quale, naturalmente, troneggiava il grande paradigma russo
La tesi sostenuta con veemenza e passione da Kundera è che un'Europa che rinunci alla propria componente culturale eterogenea sarà destinata a restare sempre monca, mutilata della ricchezza essenziale che le differenze culturali e storiche delle proprie nazioni comportano. 

Noi abbiamo voluto incontrare Giorgio Pinotti per parlare assieme a lui di questi temi importanti.
Ne è scaturita, crediamo, una conversazione capace di toccare temi nodali per l'epoca nella quale viviamo, e spunti sui quali riflettere per meglio comprendere un presente agitato, complesso, ma anche foriero della possibilità di ripensare l'Europa, per mantenere finalmente la promessa che dietro al sogno europeo riposa. 

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