Un boato risuona da sessant'anni nelle nostre coscienze.
Sì, sessant'anni: dalla sera del nove ottobre 1963, l'Italia convive con l'eco inestinguibile di una frana.
Ed è ancora tempo di parlare di Vajont. È sempre tempo di parlare di Vajont.
Paolo Di Stefano, inviato del Corriere della Sera, e Riccardo Iacona, conduttore di Presadiretta (Rai 3), aggiungono un tassello importante alla riflessione collettiva su una delle più grandi tragedie che abbiano colpito l'Italia del dopoguerra.
Sessanta anni dopo, Paolo Di Stefano del «Corriere della Sera» e Riccardo Iacona, conduttore di Presadiretta (Rai 3), raccontano il disastro del Vajont, «il più clamoroso degli eventi quasi-fotocopia» che hanno segnato il nostro Paese
Mai più Vajont, pubblicato dalle edizioni Fuoriscena che inaugurano con questo volume la propria avventura editoriale, raccoglie gli articoli più importanti che uscirono sui giornali l'indomani della tragedia. Pagine intense, drammatiche, appassionati e appassionanti: a partire dal mitico pezzo scritto da Dino Buzzati, nel quale la dimensione naturale e quella umana della vicenda trovavano una composizione allegorica di grande efficacia.
Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è caduta sulla tovaglia. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri il sasso era grande come una montagna e sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi
Ma non c'è solo Buzzati, qui: ci sono anche Giorgio Bocca e Indro Montanelli e soprattutto c'è Tina Merlin che, prima di intraprendere una esemplare carriera politica, fu giornalista coraggiosa e fra le prime a denunciare i rischi connessi alla costruzione della diga. L'oblio e la damnatio memoriae cui il lavoro di Merlin fu condannato e continua ad essere condannato ancora oggi, la dicono lunga sui pregiudizi coi quali le donne in questo Paese devono vedersela, ieri come oggi. E la politica, naturalmente, perché quella del Vajont è stata anche una catastrofe politica: i risarcimenti che la politica promise ai familiari delle vittime non arrivarono mai.
Soprattutto, la storia anche recente del nostro Paese - basti pensare al crollo del ponte Morandi, a Genova - insegna che l'intreccio fra interessi privati e gestione della cosa pubblica può generare mostri.
A sessant'anni da quel momento terribile, insomma, il Vajont non è mai davvero finito.
Dobbiamo dire grazie al buon giornalismo, di cui Di Stefano e Iacona sono senz'altro autorevoli esponenti, per aver continuato a ricordarcelo.
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