La storia della cucina affonda le sue radici in un passato lontanissimo. Più o meno da quando l’uomo ha conseguito la capacità di cuocere gli alimenti e, soprattutto, da quando nutrirsi, e conseguentemente preparare da mangiare, è passato da essere una pura necessità volta alla sopravvivenza ad un piacere.
La cucina da sempre è stata luogo di incontro, terreno di connessioni interculturali e sociali, ha contribuito alla costruzione identitaria dei popoli rispecchiandone la cultura, ma anche le caratteristiche del territorio, sia geografiche che economiche. È stato anche tramite la cucina, il suo evolvere, l’integrazione di modelli culinari di popoli che conquistavano altri popoli che, via via, sono emerse tradizioni, prima a livello locale e poi nazionale.
Dagli albori dell'umanità ai giorni nostri, Cibo è in primo luogo un'affascinante storia dell'alimentazione: che cosa e come si è mangiato nelle varie epoche e presso i più disparati popoli.
Per questo motivo, riteniamo che possa essere molto gratificante per chi ha passione per il cibo e la cucina (e un po’ anche per la storia, ovviamente) cercare, per quanto possibile, di intraprendere un percorso a ritroso nel tempo alla scoperta di tradizioni e sapori perduti. Un viaggio culinario virtuale che, inevitabilmente, solleciti anche una riflessione sulle nostre origini e sul valore del cibo che, troppo spesso, diamo per scontato. Almeno in questa parte di mondo baciata dal sole dell’opulenza e votata al consumismo.
Certo, nessun piatto cucinato oggi potrà mai avere lo stesso sapore del medesimo piatto cucinato in tempi passati. Prima di tutto perché non abbiamo a disposizione esattamente gli stessi ingredienti e, inoltre, perché mai ci metteremmo a cucinarli nello stesso modo, rinunciando alla comodità delle tecniche e agli utensili della cucina moderna che tanta fatica sottraggono alla preparazione.
Inoltre, non siamo gli stessi nemmeno noi, dato che il nostro palato si è evoluto in secoli di esperienze culinarie e culturali che ci separano dai nostri antenati.
Tuttavia, ci piace pensare di mettere in tavola pietanze che, almeno nell’intento e nella ricetta che seguiamo, ripropongano quelle di un tempo lontano. Una sorta di tributo al lungo percorso che ha reso la cucina italiana quella che conosciamo, partendo dal De re coquinaria di Marco Apicio sino ad oggi.
Il De re coquinaria è un corpus di ricette in dieci libri attribuiti a Marco Gavio Apicio, grande cultore della tavola raffinata, contemporaneo di Tiberio. Il ricettario, nato con finalità pratiche e redatto in uno stile semplice ma ricco di termini tecnici, rappresenta la documentazione più antica che possediamo a riguardo degli usi alimentari, delle modalità di preparazione e delle combinazioni di sapori dei Romani.
Abbiamo, dunque, preparato una selezione di libri per accompagnarvi in questa spedizione. Alcuni si focalizzano sull’esplorazione della storia della cucina italiana, sin dai tempi in cui ancora di Italia non si parlava affatto, per arrivare ai giorni nostri.
Altri si concentrano maggiormente su ricette, aneddoti e piatti specifici di un'epoca in particolare, della quale ci raccontano caratteristiche e peculiarità partendo dalla descrizione di che cosa si metteva in tavola.
Storia, cultura, cibo. Il primo libro della collana Gastronomika è una rievocazione del pranzo imbandito nel 1911, sotto l'alto patronato del Re, in occasione dei festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia. Menu Risorgimento e l'unità d'Italia in cucina.
Che abbiate in mente una ricetta medioevale, magari a base di cacciagione, o un delicato dolce ottocentesco, siamo certi che in questi libri potrete trovare la giusta ispirazione e guida. Noi, intanto, vi lasciamo due ricette per dare il via a questo viaggio nel gusto e nella storia.
Ricetta tratta dal libro (fuori commercio) Cucina medioevale italiana, Federica Badiali, Stupor Mundi
Ingredienti
150 g di petto di gallina già cotto, spellato e freddo
un cucchiaio colmo di farina di riso (circa 25 g)
1l di latte
sale q.b.
sei cucchiaiate di mandorle a filetti
due cucchiaiate di grasso di prosciutto finemente tritato
zenzero fresco, a fettine sottilissime
Taglia il petto della gallina in due otre parti per traverso; battendo leggermente con un batticarne i pezzi così ottenuti, e successivamente sfregandoli con i palmi della mani, separane le fibre ricavando dei "fili" i più sottili possibile. Soffriggi a fuoco basso il grasso di prosciutto e le mandorle senza che prendano troppo colore; mettine da parte metà, tenendola in caldo, e aggiungi alla metà rimanente la carne; mescola accuratamente, e dopo qualche istante togli dal fuoco. Stempera la farina di riso con il latte e porta ad ebollizione mescolando; fai bollire a fuoco basso per tre o quattro minuti, aggiungi gli altri ingredienti, regola di sale e la scia amalgamare i sapori bollendo adagio ancora per un paio di minuti. Distribuisci il "bianco mangiare" nei piatti, decorando la superficie con il soffritto tenuto da parte e con qualche lamella di zenzero (con parsimonia, per non sovrastare gli altri sapori molto più delicati).
Curiosità: L'essenza di questa ricetta che per tutto il Rinascimento e oltre continuerà ad essere presentata sulle mense dei ceti più elevati, è racchiusa nel nome. Il bianco mangiare deve assolutamente essere immacolato, e tutte le raccomandazioni della ricetta sottolineano questa tensione verso una forma di purezza alimentare sia nell'aspetto che nel sapore.
Ricetta tratta dal libro Gli aristopiatti, di Lydia Capasso e Giovanna Esposito, Guido Tommasi Editore - Datanova, 2015
Ingredienti per 4 persone
24 filetti di pesce persico
100 g di burro
12 foglie di salvia
2 cucchiai di farina bianca
500 g di riso
brodo bollente
1 cipolla piccola
1/2 bicchiere di vino bianco secco
Preparate un normale risotto tritando finemente la cipolla e rosolandola in 50 g di burro in una casseruola. Aggiungete il riso, mescolate e quando è ben caldo versatevi il vino bianco e lasciate evaporare, sempre mescolando. Aggiungete il brodo bollente poco per volta e lasciate cuocere. Nel frattempo mettete in padella il burro rimasto e aggiungete le foglie di salvia. Infarinate i filetti di persico e metteteli in padella uno alla volta: appena dorati estraeteli e teneteli in caldo.
Girate il riso, controllatene il sapore e la cottura e, appena cotto, scodellate in un piatto da portata caldo, deponendovi i filetti a corona. Scaldate il burro con salvia e versatelo sopra.
Di
| Rusconi Libri, 2018Di
| Ares, 2021Di
| Pungitopo, 2018Di
| I Doni Delle Muse, 2015Di
| Olschki, 2011Di
| Penne & Papiri, 2023Di
| Penne & Papiri, 2005Di
| Il Ponte Vecchio, 2022Di
| Penne & Papiri, 2013Di
| Ali&No, 2021Di
| Il Formichiere, 2021Di
| Laterza, 2005Di
| Donzelli, 2015Di
| Guido Tommasi Editore-Datanova, 2015Di
| Susalibri, 2017Di
| Pendragon, 2014Di
| Ponte alle Grazie, 2020Di
| Slow Food, 2022Di
| edizioni Dedalo, 2019Di
| Laterza, 2009Di
| Gribaudo, 2017Di
| Laterza, 2013Di
| Il Saggiatore, 2021Altri articoli di Millefogli
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