Vi consiglio tutta la letteratura riscoperta in quest'ultimo periodo sulla violenza della Seconda Guerra Mondiale e le sue conseguenze, come per esempio , lo straordinario libro di Vassilij Grossman
Giornalista e scrittore sovietico di origine ebraica, Vassilij Grossman è stato a buon diritto definito “il Tolstoj dell’Unione Sovietica” e Stalingrado – il monumentale romanzo protagonista di questo Consiglio d’autore – non è che il suo Guerra e pace. Come il padre del romanzo russo aveva raccontato i tragici sviluppi dell’invasione napoleonica, così Grossman pone al centro della narrazione un altro conflitto bellico: la Seconda Guerra Mondiale.
Le pagine di Stalingrado diventano l’occasione per lo scrittore di porci di fronte a tutte le contraddizioni e gli ossimori della guerra, quella bilancia invisibile che rende possibile la coesistenza di diplomazia e disperazione, fango e fanfare. Nel romanzo di Vassilij Grossman il fiume della Storia con la s maiuscola scorre impetuoso, travolgendo senza appiglio la famiglia del contadino russo Vavilov.
Quando Pëtr Vavilov, un giorno del 1942, vede la giovane postina attraversare la strada con un foglio in mano, puntando dritto verso casa sua, sente una stretta al cuore. Sa che l’esercito sta richiamando i riservisti. Il 29 aprile, a Salisburgo, nel loro ennesimo incontro Hitler e Mussolini lo hanno stabilito: il colpo da infliggere alla Russia dev’essere «immane, tremendo e definitivo».
Quello delineato in Stalingrado più che un affresco pare un arazzo, perché Vassilij Grossman intreccia i destini di diversi personaggi, piccoli e grandi protagonisti di una delle pagine più sanguinose del Novecento in modo non troppo dissimile da quanto aveva fatto anche in Vita e destino.
Eppure sarebbe limitante e ingiusto incasellare un’opera come Stalingrado nell’angusta gabbia del mero romanzo storico, perché come sottolinea la scrittrice Titti Marrone la straordinaria rilevanza del libro risiede nell’attualità del suo messaggio di fondo:
Nel romanzo c'è una notazione sulla guerra che mi sembra molto importante da riconsiderare. Nelle prime pagine c'è una dottoressa che dice: "Se io devo amputare una gamba, o la amputo, o non la amputo, non ci sono due verità. La verità, quando si tratta di agire, è sempre soltanto una".Credo che questa sia una considerazione su cui oggi sia molto importante riflettere, pur nella complessità della situazione che viviamo
L’imperativo morale di scegliere da che parte stare è quanto mai pressante in queste settimane e lo dimostra anche l’implicito accenno che Titti Marrone fa al recente conflitto ucraino.
Del resto la scrittrice non è estranea al tentativo di analizzare con lucidità gli scampoli di umanità rimasti all’indomani di uno scontro bellico di grande portata, come dimostra in Se solo il mio cuore fosse pietra, libro nel quale racconta la difficoltà di tornare alla vita dopo l’orrore dei campi di concentramento.
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