Vita e destino, che riprende gli stessi personaggi nei mesi e negli anni successivi alla fine della battaglia di Stalingrado, è scritto da un autore, lo stesso, ma ormai totalmente disilluso. È al tempo stesso una celebrazione della grandezza ma della grandezza tragica dello stalinismo e una sua denuncia.
Circa mille pagine che ci avvicinano alla Russia in lotta, una reazione tumultuosa e disperata all'invasione nazista. Stalingrado è l'antefatto di Vita e destino e fin dai primi capitoli mostra il suo carattere: romanzo storico, sì, ma con un focus estremamente intimo.
Grossman guarda alle vicende della famiglia Šapošnikov, mentre le loro vite vengono sconvolte dalla battaglia di Stalingrado. Il romanzo si apre nell'aprile del 1942, quando il treno di Mussolini arriva alla stazione di Salisburgo. Ad aspettarlo c'è Hitler, in attesa di discutere di una grande offensiva tedesca nella Russia meridionale.
Ma non è questo il punto di vista principale con il quale viene condotta la storia. Pëtr Semënovič Vavilov, un comune contadino russo, è appena stato chiamato a combattere e ha paura di non avere abbastanza tempo per procurare alla propria famiglia la legna per rimanere al caldo per tutto l'inverno.
Quando Pëtr Vavilov, un giorno del 1942, vede la giovane postina attraversare la strada con un foglio in mano, puntando dritto verso casa sua, sente una stretta al cuore. Sa che l’esercito sta richiamando i riservisti. Il 29 aprile, a Salisburgo, nel loro ennesimo incontro Hitler e Mussolini lo hanno stabilito: il colpo da infliggere alla Russia dev’essere «immane, tremendo e definitivo». Vavilov guarda già con rimpianto alla sua isba e alla sua vita, pur durissima, e con angoscia al distacco dalla moglie e dai figli: «...sentì, non con la mente né col pensiero, ma con gli occhi, la pelle e le ossa, tutta la forza malvagia di un gorgo crudele cui nulla importava di lui, di ciò che amava e voleva. Provò l’orrore che deve provare un pezzo di legno quando di colpo capisce che non sta scivolando lungo rive più o meno alte e frondose per sua volontà, ma perché spinto dalla forza impetuosa e inarginabile dell’acqua».
Forse Stalingrado è addirittura più interessante di Vita e destino perché vediamo uno scrittore alle prese con un difficilissimo compito di esaltare l’epopea di un popolo, ma anche di esaltare il comunismo
Molto più che Vita e destino, Stalingrado è un romanzo sulla fiducia nella Russia bolscevica, un vessillo che guida il popolo. "Oltre il Volga - il nulla!", "Difendiamo Stalingrado!" e altre scritte del genere campeggiano su alti pannelli.
Tra l'elenco dei successi dell'Armata Rossa e la sua celebrazione per aver sconfitto la fanteria e l'artiglieria d'assalto tedesca, Grossman rende omaggio al sacrificio individuale e collettivo.
Nelle pagine di Stalingrado troviamo il racconto della grandezza tragica dello stalinismo, una grandezza che l'autore celebra e narra senza lesinare su dettagli strazianti. I personaggi di Grossman prendono così vita, vengono umanizzati nella loro lotta in opposizione alla barbarie nazista. Proprio questa attenzione all'interiorità del singolo, che si alterna a una visione storica angosciante, ma mai priva di speranza, rende questo romanzo storico molto più profondo di Vita e destino.
Ultimo, ma non ultimo, Stalingrado è il racconto di quelle grandi azioni compiute da persone semplici e comuni, da un Pëtr Semënovič Vavilov che parte in guerra sapendo di non tornare.
Qui vediamo un grande scrittore che era sul campo, perché Grossman fece mille giorni come inviato e non era uno sprovveduto, sente il comunismo sovietico come un’impresa eroica che narra e celebra. Grandioso
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