Rubare la notte è, prima di tutto, una celebrazione. In queste pagine, edite da Mondadori, si discioglie un inno alla vita, condotta nella sua passionalità, nel suo sentire pieno e instancabile, lascivo e guerrigliero. È la storia di un uomo, nella voce resa romanzo, eppure così credibile da riuscire a vedere Antoine de Saint-Exupéry – Tonio – in un'interezza che non conta più nella sua veridicità totale, ma si lascia esaltare nella sua poetica del minuscolo, del dettaglio, che Romana Petri coglie, cattura, fino allo spasmodico tratteggio di uno scrittore, un uomo, che la notte ha inghiottito e su cui l'autrice coltiva le stelle, cerca le luci.
Tonio vive un'infanzia felice , avviluppato al mostruoso quasi ossessivo amore per la madre; un'infanzia che gli resta incollata all'anima per tutta la vita. L'infanzia lo tallona come un destino quando, esaltato, comincia a volare, pilota civile e pilota militare, quando si innamora tanto e tante volte, quando si trasferisce in America, quando scrive, persino quando si schiera e sceglie di combattere per un'idea di Francia che forse è sua e solo sua. Dove sia andato Tonio, non sappiamo, nei cieli in fiamme del 1944.
Tonio non è stato un bambino felice, o meglio, un bambino come gli altri. Sua madre aveva notato sin da subito che fosse più sensibile: sentiva di più, amava diversamente.
Le lettere che le indirizza sono poetiche, elevatissime, di un sentimento puro e antico, così forte da essere irreale. Quando, nella lettura, si intravede il corsivo, si sa già che qualcosa colpirà, dritto nel profondo, e lo si accoglierà, lasciandosi trafiggere. La potenza del bene, come la potenza del dolore, sono la stessa cosa, lavorano sullo stesso principio di attonimento.
Il loro modo di volersi bene era quasi morboso, dall'esterno è facile chiosarlo così, ma era il frutto di dolori troppo grandi, di paure salde e dettate dal conoscere la morte troppo presto (il padre, il fratello). La morte che pavimenta i tremori e rinsalda la convinzione che tutto attorno sia labile, che la persona più importante per te possa essere anche lei passeggera, un fremito – magari il tuo errare – e sarà perduta.
Già, perché errare è ricorrente per Tonio. In quell’accezione doppia – sbagliare e vagare – che lo caratterizzerà per sempre.
Ben presto quell’irrealtà sarebbe stata portata via da un decollo, da un apparecchio che avrebbe attraversato il cielo, e lui sarebbe stato lì a guardare la terra allontanarsi senza provare paura
È il vagare in volo, prima di tutto, che lo segna. La prima volta che sale su un aereo la madre lo prega, lo scongiura, sia mai che quel figlio spicchi in cielo. Invece ha dodici anni quando compie il suo battesimo dell’aria e prende il volo, si libra e sente che il peso si svuota, lo lascia andare, si lascia andare.
Qualsiasi cosa sarà la sua vita, sarà a bordo di un aereo, sarà sospeso.
Stare in cielo è abitare anche la terra. Lì dentro ci scrive, si nutre, quelli che piloterà per molto tempo saranno aerei postali pieni di lettere – perché se la vita ha dei cerchi, il suo avrà sempre un carteggio da compiere. Amori da trasportare o da tenere per un po’ liberi, in aria.
E Tonio ne sa. Lui che ama e viene amato. Che non tiene e non sa essere tenuto. Così, anche le donne pagano la sua eterna fanciullezza, quel rischiare sempre tutto che nulla ha a che fare con le responsabilità, ma paga la sua astrazione, i suoi pianeti lontani, le rose non colte. C’è l’amore che segna la vita, come quello con Consuelo – dolente, insolente, immaturo e totalizzante. E c’è l’amore che segna l’altra vita, che scuce e affonda, l’amore che non sa fare altro e che, imperterrito, scrive. Fuori c’è la guerra, c’è nell’aria e sulla terra. Fuori c’è la guerra ma lui scrive, dolorosamente e magnificamente, altrove.
Il lavoro di ricerca di Petri è mirabile. Si evince lo studio, l’essere entrata così a fondo nella mente di Saint-Exupéry da riuscirne a scrivere in modo esatto, una prima persona che corrisponde a quello che ci si aspetterebbe da lui. Mentre si legge si perde la cognizione – è l’autrice o è l’autore? Chi è chi? E quel mistero della narrazione si compie. Prende vita davanti agli occhi di chi legge e, sulfureo, ammalia. Non conta più chi compie il gesto, qualsiasi cosa stia accadendo ha la sua verità da portare avanti e si continua a planare con lei.
Così, l’autore diventato celebre per il suo Piccolo Principe, trova una conclusione simile, quasi una predestinazione. Sparisce nel nulla, viene inghiottito dal deserto, dalla notte, dalle cose che non si sa più dove finiscono. Che la notte non sia che una tela tesa, portata via con tutte le stelle – come l’aereo che la conduce lontano nel bellissimo dipinto di Albertini in copertina. Una notte meravigliosa con cui Tonio, da qualche parte, si è avvolto e forse si è protetto, lontano su chissà quale pianeta.
Con la morte di un essere umano muore il mondo sconosciuto dei suoi pensieri. Certo, sconosciuto. Nessuno conosce i pensieri di un’altra persona. Può sembrarvi una banalità, ma per capirlo davvero mi ci voleva il deserto
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