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L'istinto di narrare di Jonathan Gottschall

L’istinto di narrare di Gottschall è un saggio che non ti aspetti. Si discosta dall’idea comune che un saggio sia noioso e piuttosto pesante, anzi, questo riesce a risultare godibile, leggero, narrativo.

Forse perché proprio la narrazione, in tutte le sue forme, è l’argomento che Gottschall analizza in tutto il libro: perché a noi esseri umani piacciono le storie?

La domanda da cui parte è proprio questa e prova a dare una risposta analizzandola da diversi punti di vista.

Noi esseri umani passiamo infatti tantissimo tempo della nostra vita immersi nella finzione e le storie sono praticamente in ogni cosa che facciamo. L’immaginazione è una parte determinante della nostra vita, non solo da bambini, ma anche da adulti.  Ma allora, se le storie ci piacciono e basta, e “l’evoluzione è implacabilmente utilitaristica, come mai l’apparente lusso rappresentato dalla finzione narrativa non è stato eliminato dalla vita umana?”.

Gottschall analizza quindi la questione sotto l’aspetto evolutivo e biologico, inizialmente. Poi spiega che c’è una struttura comune in qualunque narrazione, in qualunque parte del mondo: quella incentrata sul conflitto e sui problemi. 

Per rispondere in maniera completa alla domanda, tocca molti altri campi: quello della psicologia e delle neuroscienze, quello sociologico e antropologico, quello della letteratura e del cinema, riferendosi agli studi più recenti in ogni ambito.

Gottschall si occupa di diverse forme di narrazione: libri, film, racconti, pubblicità, religione, Storia, miti, la nostra stessa memoria, sogni notturni e sogni a occhi aperti. Di come la nostra mente sia terribilmente sensibile alle storie e di quanto la nostra vita ne sia intrisa. Di come la narrazione cambia nel tempo e si adatta alle richieste dell’ambiente. Di come stia cambiando adesso, tra videogiochi, tecnologia e realtà virtuale.

E questo saggio, che riesce ad essere così visivo, fluido, interessante, mostra finalmente quanto la narrazione sia legata a noi, quanto possa condizionarci e cambiare il mondo, e rivaluta la sua funzione essenziale per gli esseri umani. Perché in fondo le storie “possono essere una delle cose per cui più vale la pena essere umani.”

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