Ne ho bisogno, ha finito col dire. Credo sia questo, semplicemente. Ne ho bisogno. Ci sono quelli che hanno bisogno di fare sport. Quelli che bevono, che escono a divertirsi. Io, invece, ho bisogno di partire. Serve al mio equilibrio. Se sto troppo tempo senza partire, mi sento soffocare
Vite di passaggio è un inno alla vita, quella viscerale, alla straordinarietà degli incontri e delle relazioni passeggere, che proprio nel loro essere “di passaggio” trovano il culmine dell’intensità e della verità, ma è anche un inno agli incontri attesi da tempo e alle relazioni indissolubili
Vite di passaggio è la storia di Sasha, uno scrittore che è vivo ma non sa come vivere.
Un giorno decide di trasferirsi in una cittadina di nome V. per cambiare aria, per distruggere e ricostruire la sua persona, per trovare «un’esistenza più vera».
Vite di passaggio è una meditazione poetica e avventurosa sui crocevia che incontriamo nella vita, e sui nostri doppi, in viaggio sulle strade che noi non abbiamo preso.
In cerca di tranquillità e riposo, a V. incontra invece l’autostoppista, un vecchio amico le cui strade si erano separate anni prima. Inizialmente, l’autostoppista e Sasha si ritrovano come se il tempo non fosse mai passato: Sasha fa la conoscenza di Marie, traduttrice letteraria e compagna dell’autostoppista, e del figlio Augustin, trascorrendo insieme a loro molto tempo.
Proprio come l’equazione perfetta di Dirac, se due sistemi hanno interagito tra loro per un certo periodo di tempo non potranno più essere descritti come distinti, il ritornare dell’uno nella vita dell’altro riaccende le infinite possibilità dell’esistenza.
L’autostoppista ricomincia a partire e ad andare sulla strada con maggior frequenza, incontrando persone e conoscendo storie, mentre Sasha scopre per la prima volta l’appartenenza a una famiglia, insieme a Marie e Augustin. I protagonisti rimangono collegati dallo scambio di lettere e cartoline, unica traccia dei viaggi dell’autostoppista, come una sorta di gioco le cui regole sono vivere e amare.
Tutto questo fino all’ultimo viaggio insieme, l’autostoppista e Sasha, viaggio che sancirà definitivamente la differenza che li separa e al contempo li accomuna.
Forse possedeva più di altri la consapevolezza della moltitudine di esseri viventi scaraventati insieme a lui nella follia dell’esistenza. Forse ne percepiva con maggiore intensità la presenza, anch’essi ugualmente occupati a vivere, ad amare, a morire
Sylvain Prudhomme ci restituisce la verità dei rapporti umani, con un personaggio che non necessita neppure di un nome, definito semplicemente “l’autostoppista”, forse perché in quell’anonimato qualunque lettore si può riconoscere almeno una volta.
Un libro profondo, intenso e commovente, la storia di due vite che hanno il sapore di essere una sola: l’emblema di ciò che siamo e ciò che avevamo sognato di essere.
E alla fine, quando le strade sembrano per sempre divise, ecco lo sguardo rivolto al cielo che restituisce un senso di positività.
Mi è sembrato pazzesco che uomini e donne ovunque continuino a vivere. Ovunque si radunino attorno a un fuoco. Ovunque si ritrovino sotto il cielo a leggere le stelle, a cercare Orione, e a scorgerlo sopra di sé
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