Vi confesso: mi avvicino ai miei primi 50 anni e viene naturale fermarsi a tirar le somme, ottenendo non sempre il risultato tanto atteso… Mi ha incuriosito quindi, non a caso, questo libro che affronta i fallimenti con una prospettiva così rivoluzionaria nella sua genuina e illuminante semplicità.
La realtà è che ci aspettiamo di realizzare solo quello che la società e l’immaginario collettivo si aspettano da noi. Siamo come intrappolati da maschere incapaci di riflettere nello specchio intimo della nostra anima. Vestiamo ruoli senza creare uno stile; ci proponiamo piani settimanali, mensili, quinquennali… come sveglie impostate per un appello al quale non sempre riusciamo a farci “presente”. Questo il meccanismo che darà inevitabilmente sfogo ad ansia e infelicità. Nessuno ci ha mai educato alla gestione e accettazione positiva dell’errore ma siamo predisposti al lutto inammissibile della disfatta.
Viviamo un'epoca in cui siamo talmente bombardati da storie di successo che rischiamo di trovarci costantemente impegnati a raggiungere la perfezione. E se, invece, cercassimo di accettare l'idea che capiteranno cose difficili e cose stupende, e che c'è molto da imparare da entrambe? Elizabeth Day ci invita, con questo romanzo, a godere del fallimento, per trarne tutti gli insegnamenti possibili.
Dobbiamo venire a patti «con il fatto che la nostra comprensione del mondo sia imperfetta e che qualsiasi cosa accada, se lavoriamo sulla nostra forza, la nostra resilienza e la nostra accettazione del fallimento, saremo a posto».
Creare un habitat dove la nostra idea di identità possa prendere forma; questo è il sentiero positivo da intraprendere. Occorre elaborare i fatti che determinano il fallimento in modo oggettivo e non colpevolista e sentimentale, ci faremo rivoluzionari nella regia della nostra identità. Non dobbiamo recitare solo ruoli che ci vengono attribuiti ma scegliere la calligrafia con cui scrivere la nostra storia.
La certezza è che non si sfugge dal fallimento, inutile convincerci del contrario. Il lieto fine con la scritta THE END non sempre ha la sua colonna sonora adeguata. Ma l’errore più grande è rintanarsi nelle scene dell’evento con sofferenza e vittimismo per sentirsi negli angoli ottusi di un ormai “senza scampo”.
La capacità di riconoscere i fallimenti è sempre un’espressione di forza
Occorre elaborare per reagire, essere onesti con sé stessi, non dobbiamo opporci ma accettare gli eventi con una riscossa emotiva che preveda una correzione di rotta creativa e inaspettata. Anche nella vita di coppia, come per le amicizie «occorre concedersi reciprocamente lo spazio per evolverci» invece di ricercare quello che immaginiamo essere un’idea astratta di perfezione.
Diamo spazio ai nostri pensieri migliori fuori dai canoni sociali di felicità e realizzazione. La forza nasce dal non essere ambigui riguardo la nostra naturale essenza e vulnerabilità. Il successo può scaturire dal fallimento, come una rinascita.
Dovremmo andare alla ricerca del fallimento per capire quello che in verità non funziona
Anche se proviamo a immaginare una versione futura di noi stessi, lo faremo senza rispettare l’evoluzione naturale delle nostre tendenze emotive. Ciò che riusciamo a fare sarà soltanto accontentare quello che riteniamo che il mondo che ci circonda si aspetti da noi. Se è vero che la vita è un cuscino di tenere follie, il consiglio che ho colto da queste pagine è quello di farmi flusso intelligente sugli eventi, come una fibra ottica capace di meditare sulle informazioni che si diramano sulla rotta del tempo che mi attraversa.
Grazie a questa lettura, quando incontrerò il prossimo fallimento sarà l’occasione per rendermi alternativo, intimo e fluido sulla superficie più sensibile e visionaria del mio cambiamento.
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