Molto spesso letteratura, cinema e vita vera si intrecciano in un reticolo di storie e vissuti che si ripetono anche dopo secoli, facendo dell'esistenza di ogni essere umano un'esperienza comune e condivisa.
Luigi Lo Cascio sembra dirci proprio questo quando ci invita a leggere Apologia di Socrate, l'opera di Platone a cui - ci confida - ha fatto riferimento anche in un film da lui interpretato, Il signore delle formiche, nel quale il suo personaggio, in una particolare scena, ripensa a Socrate che si difende dagli ateniesi.
Quando è venuto a raccontarci delle sue Storielle per granchi e per scorpioni, ha colto l'occasione per coinvolgerci nella conoscenza del suo libro cult. Scopriamolo insieme.
Nel 399 a.C. Socrate fu trascinato in tribunale in un'Atene prostrata e inquieta. Il trentennale conflitto contro gli Spartani si era da poco concluso con un'amara e umiliante sconfitta: le mura della città erano state demolite, la sua prestigiosa flotta navale smantellata.
Composta tra il 399 e il 388 a.C., è la prima opera del grande filosofo greco. Platone, allievo di Socrate, assistette alla difesa orale (apologia) del suo maestro, costretto a proteggersi dalle accuse rivolte alla sua persona dal tribunale ateniese.
Il libro diventa così un vero e proprio documento storico, che non solo ci narra la triste vicenda che portò alla morte di Socrate, ma anche la sua visione e il suo pensiero sull'unica forma, per lui, di giustizia: la verità.
È stato uno di quei libri che hanno schiantato il mio pregiudizio sulla lettura perché la filosofia non era qualcosa di freddo e di lontano, ma l'esperienza di un uomo che si racconta di fronte alla città, che è stato accusato di qualcosa di terribile ma cerca le parole per manifestare la sua vera essenza
L'opera si compone di tre parti.
Accusato di corrompere la mente e il corpo dei giovani e di non rispettare gli Dei poiché intenzionato a introdurne di nuovi, nella prima parte Socrate si difende dall'arringa di Meleto con ironia.
Lui, che non si è mai interessato alla scienza, narra il percorso filosofico che lo portò ad una consapevolezza: il più sapiente è colui che riconosce di non sapere. E sulle accuse inerenti ai giovani, ammette di poter aver insegnato qualcosa di errato senza volerlo, ma non per questo debba essere processato, semmai corretto. L'introduzione, poi, dei nuovi Dei - nella sua opinione - non va denunciata, poiché qualsiasi Dio nuovo sarebbe figlio di quelli già esistenti, quindi la sua credenza in essi è fuor di dubbio.
Nella seconda parte, Socrate parla della morte: un elemento che non teme, poiché non è male ma qualcosa di ignoto. Il suo dovere è far riconoscere agli ateniesi che si sbagliano, e pensa di farlo - come detto - solo con la verità.
Lui, che ammette di non essere mai stato capace di compiere nulla di male, viene comunque condannato a morte e - dopo essersi rifiutato di fuggire - arricchisce la terza parte dell'Apologia riportata fedelmente dal suo studente con un ultimo commento.
Mostra infatti l'assurdità del verdetto, che lo designerà a martire e creerà nuove copie di persone come lui, le quali continueranno a creare problemi agli ateniesi.
Un libro che, ancora oggi, si afferma come una grande opera classica che tutti dovremmo leggere.
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