La redazione segnala

Una Grande abbuffata lunga 50 anni

Mezzo secolo fa usciva nelle sale La grande abbuffata, molto probabilmente il più incontestabile capolavoro di Marco Ferreri.

La storia, ideata da Ferreri stesso e poi sceneggiata insieme al fidatissimo Rafael Azcona (qui al decimo lungometraggio insieme, a partire dal comune esordio di El pisito, datato 1958) e al dialoghista Francis Blanche, ruota intorno a quattro uomini che si trovano in una villa parigina – insieme a una giovane donna procace – con lo scopo di mangiare fino a morire.

La grande abbuffata (DVD)
La grande abbuffata (DVD) Di Marco Ferreri

n una villa fuori Parigi quattro vecchi amici si riuniscono per un week-end abbandonandosi ad un'orgia di cibo e sesso. Uno di loro, Marcello, porta con sé alcune prostitute che disgustate dall'ambiente se ne andranno. Ad un certo punto una maestra va lì per caso, rimane affascinata dai quattro e decide di unirsi a loro nel folle e autodistruttivo fine settimana...

L’opera vinse il premio FIPRESCI a Cannes nel 1973 e si avvalse delle musiche di Philippe Sarde e dei costumi di Gitt Magrini, nonché della fotografia del sodale abituale del regista, Mario Vulpiani (che fa anche una comparsata come copilota).

Come sempre, l’autore milanese punta a graffiare la società borghese, mettendo alla berlina – in una maniera vieppiù grottesca e ridicola – i rappresentanti di alcuni “tipi” della succitata classe: il latin lover (inevitabilmente, Marcello Mastroianni), il crapulone (necessariamente, Ugo Tognazzi), lo showman (Michel Piccoli) e il giurista (Philippe Noiret). Accanto a loro, una materna, generosa, giunonica Andréa Ferréol, una specie di ninfa travestita da antesignano alfiere dell’eutanasia.

Dettaglio curioso: tutti i personaggi hanno nel film i loro nomi reali (e ha altresì molto senso, se pensiamo alle vite private perlomeno dei due attori italiani).

Ancora una volta, tipico dell’autore dell’eccellente Dillinger è morto, critiche e contestazioni fioccarono, non facendo altro che amplificare la portata della sua operazione cine-sociopolitico-culturale. Il fatto, oltretutto, di affidarsi a volti maschili così noti (quand’anche suoi noti alter ego sullo schermo, soprattutto Tognazzi e Piccoli, ma altresì Mastroianni), raddoppiava l’effetto transfer tra pubblico e personaggi messi in scena, obbligando in qualche modo a riconoscersi, provando ora imbarazzo, ora orrore o infine pena per sé stessi.

In questa maniera, la sarabanda mortale – tutta imperniata su cibo e sesso portanti alla morte, in una specie di macabra estensione culinaria del concetto di eros a thanatos – induce a seguire, con affettuoso ribrezzo, il progressivo disgregarsi di alcuni elementi fondativi della cultura media italiana del periodo in questione (siamo negli anni Settanta delle riforme del diritto di famiglia e del PCI in forte ascesa).

Nel delicato equilibrio tra pathos e bathos, Ferreri sceglie invariabilmente il secondo, narrando con spensierato cinismo il meteorismo, i borborigmi e le pene intestinali, come se fossero episodi soavi dell’Arcadia metastasiana. Questo è uno shock: lo era nel 1973 e lo è mezzo secolo dopo. Solo i capolavori sanno mantenere la tensione e questo film, con la sua paradossale rincorsa alla morte attraverso il piacere, lo è.

Ti potrebbero interessare

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente