Diario di bordo

Boris Johnson, “in nome di Dio, vattene!”

Giovedì 20 gennaio

Sembra che, nel ridicolo, l’eventualità di avere Berlusconi al Quirinale stia davvero tramontando e che lui stesso si stia orientando a trattare una sorta di assicurazione che non ci saranno rivalse contro di lui (è pur sempre sotto processo per i postumi del bunga bunga, ed è pur sempre indagato dalla procura di Firenze, addirittura per le stragi del 92-93).
Conoscendo la duttilità della magistratura italiana, è possibile che un accordo del genere possa essere preso e che il Cavaliere possa passare in serenità la sua vecchiaia.

Ma, come quando ci si sveglia da un incubo, mi chiedo: che cosa sarebbe successo se davvero fosse stato eletto? Davvero si pensa che la metà (perlomeno) che non lo vuole si sarebbe rassegnata ad averlo come supremo rappresentante? E se per caso non lo avesse fatto e avesse dimostrato rumorosamente, che cosa sarebbe successo? Milioni di persone accusate di vilipendio del Capo dello Stato? Uno scenario da Russia, Bielorussia, Kazakistan, più che da democrazia europea.

Brutti pensieri, certo. Ma sembra che l’abbiamo scampata.

Una situazione analoga la stanno vivendo gli inglesi, visibilmente governati da un uomo che irride alla verità, al rispetto degli altri e anche di se stesso.
Boris Johnson sta contando i suoi ultimi giorni da primo ministro; lo hanno affossato la sua ignoranza, la sua superbia e soprattutto la sua menzogna: l’aver convocato, durante il lockdown, diversi “party alcoolici” al n. 10 di Downing Street (che è un po’ la loro villa di Arcore) e l'averlo arrogantemente negato. Ieri, alla Camera, l’influente deputato conservatore Mark Davies, che fu ministro della Brexit dal 2017 al 2019, ha preso la parola per un breve intervento: “Signor primo ministro, ho passato mesi a difenderla, per le cose buone che lei ha fatto, la Brexit e qualcos’altro. Ma io da un leader chiedo che risponda delle proprie azioni, se ne assuma la responsabilità, cosa che lei non sa fare. Riprendo qui le parole che il deputato conservatore Leo Amery rivolse a Neville Chamberlain nel 1940: qualunque cosa di buono tu abbia fatto, sei stato seduto troppo a lungo in quel posto. In nome di Dio, vattene!

Sono seguiti applausi liberatori da (quasi) tutta la Camera dei Comuni.

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