Aprile 1999, Mount Pleasant, New Hampshire. Il corpo di una giovane donna, Alaska Sanders, viene ritrovato in riva a un lago. L'inchiesta viene rapidamente chiusa, la polizia ottiene le confessioni del colpevole, che si uccide subito dopo, e del suo complice. Undici anni più tardi, però, il caso si ripresenta.
Domanda: perché un uomo bravo, bello e baciato dalla fortuna dovrebbe provare un sadico piacere nell’ordire con sadico piacere i delitti più efferati?
Chi saprà trovare la risposta a questa domanda, risolverà un enigma probabilmente più grande di quello che stava dietro al caso più celebre degli ultimi dieci anni nell’editoria europea: quel caso Harry Quebert che nel 2011 mise a soqquadro le classifiche di vendita e il cuore dei lettori di tutta Europa.
Gli anni passati dall'impatto del meteorite Quebert su una stagnante galassia editoriale non sono passati invano: Joël Dicker, infatti, ha costruito una folgorante carriera di scrittore, libro dopo libro, dimostrando come quel primo exploit non fosse dovuto solamente alla fortuna del dilettante.
Un successo, il suo, capace di superare l'antica (e mai davvero superata, almeno in Italia) dicotomia fra "pubblico" e "critica" e anzi di trovare nuove e inattese declinazioni in mille rivoli di cultura pop, dalle fiction agli audiolibri.
Oggi è il turno di Alaska Sanders (qui la nostra recensione), e di un cold case che promette di rinverdire i fasti narrativi cui Harry Quebert ci aveva abituati.
Ambientare un’inchiesta o un’indagine in una piccola cittadina permette di avere a disposizione un microcosmo nel quale creare interazioni fra tutti, creando una risonanza molto più forte anche nel lettore.
Nei suoi romanzi, è come se lo scrittore disponesse i suoi personaggi sotto un vetrino da entomologo, ne osservasse le reazioni, le interazioni, i desideri, i caratteri. Dicker, insomma, lascia che la storia lo porti dove nemmeno lui aveva immaginato di arrivare, come ci confessa nel corso della nostra intervista. E questo gli consente di scoprire poco a poco gli sviluppi della storia stessa, senza farne una stucchevole tesi preconfezionata ma lasciandola respirare fino a che non esprima tutto il suo potenziale.
Joël Dicker utilizza (e spesso supera) le convenzioni del genere letterario per compiere egli stesso un'indagine su ciò che più lo appassiona: l'animo umano. Questo comporta grande capacità di osservazione, e un certo distacco nel giudizio, che non deve appesantire i personaggi: in fondo si tratta di lasciare che anche il lettore faccia il suo lavoro, decidendo - pagina dopo pagina - a quali personaggi tributare le proprie simpatie e indulgenze e quali, invece, condannare senz'appello.
Viviamo in un mondo ricco di tutte le informazioni di cui si può aver bisogno a proposito di qualsiasi cosa. Questa è una grande ricchezza. Ma tutte queste informazioni possono anche uccidere la creatività.
La nostra conversazione, però, dal freddo del cold case su cui Perry Gahalowood e Marcus Goldman (che gli aficionados di Dicker già conosceranno: Il caso Alaska Sanders è infatti il nuovo capitolo della trilogia inaugurata con Harry Quebert e proseguita con Il libro dei Baltimore) sono chiamati a indagare si sposta anche su temi più caldi. Una riflessione sul modo in cui internet garantisce l'accesso a una miniera di informazioni che però, per chi fa il mestiere di Dicker, possono rivelarsi controproducenti.
Bisogna usare cum grano salis gli strumenti che la tecnologia mette a nostra disposizione, ammonisce Dicker, altrimenti rischiamo di abdicare a quella che è una prerogativa squisitamente umana e allo stesso tempo ciò che rende le storie il lievito della nostra vita: l'immaginazione.
Dicker è così convinto dell'importanza che i libri e le storie rivestono all'interno della società civile da aver fondato una propria casa editrice, Rosie & Wolfe, nel solco degli insegnamenti ricevuti dal suo editore (e grande amico) Bernard de Fallois, scomparso nel 2018, che fu il primo a credere nelle potenzialità di un giovanissimo Joël.
Quando siamo cittadini delle democrazie il nostro dovere è quello di andare a votare, di batterci. Battersi per la democrazia vuol dire votare e prendersi le proprie responsabilità.
Infine una considerazione sullo stato della democrazia, nei giorni difficili in cui la guerra bussa alle porte d'Europa dopo settant'anni di pace, con una appassionata oratoria in favore del diritto (ma anche dovere) di voto e dell'importanza capitale che in ogni democrazia riveste la stampa libera.
Ecco che poco a poco si fa strada una consapevolezza nuova: che sia questa la verità dietro al caso Joël Dicker?
Sì, forse lo è: per diventare grandi scrittori, forse non sarà indispensabile essere anche buoni cittadini. Però aiuta.
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