È la decisione, la scelta di mettersi in gioco, che dà energia e stimoli, che obbliga ad affrontare i tanti problemi e a trovare soluzioni. Se invece non c’è stata ancora una decisione, se non si è detto quel “proviamoci”, sarà molto più facile arrendersi alle prime difficoltà, perdere fiducia al primo imprevisto
Gino Strada è stato prima di tutto un medico. Un medico coraggioso, che non ha mai scelto di girarsi dall’altra parte, di smettere di guardare. La sua storia comincia nelle vie di Sesto San Giovanni, un posto in cui lo sfondo era delineato da fabbriche e grandi desideri, lontani eppure così concreti.
La medicina sembrava l’unica scelta fattibile, una passione fortissima che continuava a presentarsi e che si basava sì sull’amore per la scienza, ma ancor di più sulla vitalità del contatto con le persone. Ed è lo spirito che muove Diario di un sogno possibile.
Le parole, i pensieri e il racconto di Gino Strada in prima persona, arrivano in modo limpido e sconvolgente a tutti i ragazzi e le ragazze che cominciano a chiedersi il perché delle cose. Dall’infanzia a Sesto San Giovanni e dalla formazione come chirurgo all’impatto con il suo lavoro in un Paese in guerra, fino alla nascita di Emergency e da lì in avanti, tutto il resto della sua vita sempre all’insegna di un sogno: cancellare la guerra dalla storia e garantire a ogni persona il diritto di essere curata.
Voglia di fare, di sperimentare, di dare il massimo: la medicina non era ancora intrappolata tra burocrazie e rimborsi, i medici erano medici, talvolta scienziati, certamente non manager. […] Perché, anche se non ci siamo più abituati, la medicina è innanzitutto un rapporto tra un essere umano e un altro essere umano
Strada entra in contatto con la guerra da piccolo, ma solo nei racconti dei familiari che avevano combattuto fra le frange della lotta partigiana. Così, quando si trova a essere un medico nelle zone di guerra, l’immagine dell’orrore che gli si staglia davanti è atroce. È un mondo altro, fatto di nessuna garanzia umanitaria, di odori che non si dimenticano, di corpi che non sono più tali, ma sono a pezzi, devastati dalla barbarie. Esempio di questo orrore diventano le mine antiuomo che Strada scopre essere contenute nei giochi, fra le ali di pappagalli giocattolo pronti a esplodere nelle piccole mani dei bambini. E scopre che l’Italia è complice, una delle più grandi produttrici di queste armi che contribuiscono a lasciare mutilate generazioni di innocenti. Già, perché la guerra è soprattutto un’esperienza che rade al suolo i civili, persone che di quei conflitti non sanno nulla, sono fuori e si trovano dentro, coinvolte per la sola colpa di essere in quel posto, in quel momento.
La guerra, anche quella che si invoca o si fa per porre fine ad altre atrocità, non può funzionare perché è l’opposizione delle ragioni che la sostengono: la guerra è la negazione di ogni diritto
E ogni piccolo gesto, ogni piccola donazione, diventa la possibilità di un passo in più nella concretezza dell’aiuto, della cura. Emergency nasce con questo principio, quello della cura sopra a qualsiasi cosa, nei luoghi assediati dai conflitti e dalle malattie. Una cura in cui non contano le bandiere, non importano le ragioni delle armi, importano gli uomini, le donne, i bambini che hanno bisogno di aiuto, di avere davanti un medico, e basta. La politica deve essere fuori dalle sale operatorie e dagli ospedali, non deve giocare un ruolo sulla salute e sulla vita di un uomo. È incredibile anche solo pensare quanto una persona, Gino Strada, e tutti i suoi volontari abbiano, negli anni, chiesto qualcosa che è basilare in quanto umano: il diritto alla cura, che è diritto alla vita.
Come feci qualche anno prima per il Centro Salam, anche a Renzo Piano chiesi di disegnare un ospedale “scandalosamente bello”. […] “Scandalo” e “bellezza”, due parole che insieme sono rivoluzionarie. […] Guardando ai disperati bisogni dell’Africa, c’è chi pensa che qualsiasi cosa vada bene, che qualsiasi cosa sia “meglio che niente”. Ho sempre voluto ribaltare questo concetto assurdo: non ha senso portare in Africa “il meglio che niente”, ma “il meglio”. Il modo migliore per praticare l’eguaglianza – e per praticarla anche in Africa – è dimostrare a chi aiutiamo che lo consideriamo uguale a noi con i fatti, concretamente. Condividere i migliori risultati che abbiamo raggiunto in tutti i campi, dall’architettura alla medicina, per dare un segnale inequivocabile: la volontà di portare loro esattamente quello che vorremmo per noi stessi. La bellezza, ad esempio.
Perdere Gino Strada è lasciare andare un pezzo di bellezza, ma lui ha seminato così bene con il suo esempio, con il suo essere “solo” un medico, che l’ingiustizia vera sarebbe dimenticare, mettere da parte. È fondamentale che fra le tante storie che fungono da stella polare nelle costellazioni di quelle esemplari, ci sia uno spazio per i più piccoli per sapere cosa Gino Strada ha creato, che scia incredibile ha travolto con sé. Conoscerlo è tenere stretta la bellezza, far sì che fiorisca. Il suo impegno, la sua vita sono decisamente la storia di un sogno possibile. Ancora e ancora, per tutti.
Dietro a ogni ragazzino ferito, dietro a un uomo che chiedeva aiuto, Gino riusciva sempre a intravedere una moltitudine. Vedeva quel ferito e allo stesso tempo la situazione di tanti come lui. Curava le vittime e intanto rivendicava diritti. Una persona alla volta.
Altri consigli di lettura
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Conosci l'autore
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente