Il verso giusto

La domenica sportiva di Vittorio Sereni

Immagine tratta da "Carteggio con Luciano Anceschi. 1935-1983" di Vittorio Sereni, Feltrinelli 2013

Immagine tratta da "Carteggio con Luciano Anceschi. 1935-1983" di Vittorio Sereni, Feltrinelli 2013

Domenica sportiva

Il verde è sommerso in neroazzurri.
Ma le zebre venute di Piemonte
sormontano riscosse a un hallalì
squillato dietro barriere di folla.
Ne fanno un reame bianconero.
La passione fiorisce fazzoletti
di colore sui petti delle donne.

Giro di meriggio canoro,
ti spezza un trillo estremo.
A porte chiuse sei silenzio d’echi
nella pioggia che tutto cancella.

(Vittorio Sereni, Tutte le poesie, a cura di Maria Teresa Sereni, Prefazione di Dante Isella, Mondadori, Milano 2023 [prima edizione 1986])

C’è una ricca genealogia di poesie sul calcio nella nostra tradizione. L’esempio forse più celebre è Goal di Umberto Saba, nella serie Cinque poesie per il gioco del calcio. In quel testo mirabile c’è il senso della festa e della sconfitta: la partita, la rete fatta da una delle due squadre sono una metafora dell’esistenza, con i suoi rovesci, le sue brevi fiammate di gioia. Ricorda certamente quel modello Vittorio Sereni (1913-1983), scrivendo la sua Domenica sportiva.

È un testo rimasto a lungo inedito e solo molto tardi, nel 1966, aggregato dall’autore al suo primo volume di versi, Frontiera, uscito in edizione originaria nel 1941. In precedenza, la poesia era stata edita in una antologia uscita nell’anno delle Olimpiadi di Roma: Elogio olimpico. Antologia di poesie sportive da Omero ai nostri giorni, a cura di Gian Piero Bona, Scheiwiller, Milano 1960.

Partiamo dal titolo. Nell’antologia Elogio olimpico esso era Inter-Juve, poi al momento di inserire la poesia nella riedizione di Frontiera ecco imporsi l’altro, definitivo, di Domenica sportiva. Il punto di vista è così in parte cambiato. In effetti il testo si divide in due parti. Nella prima si parla della partita con riferimento alle due squadre che si contendono la vittoria, alluse nel testo con il rinvio ai rispettivi colori delle maglie: i «neroazzurri» e «le zebre», con la specificazione poi del colore «bianconero» sugli spalti.

Con la seconda parte della poesia si introduce invece un tema che non è più calcistico. Lo stadio, dapprima raffigurato nella veste festosa, colorata, clamorosa del momento del gioco, è colto poi dopo la fine della partita, a porte chiuse, al termine dunque della «domenica sportiva». Un ultimo trillo rompe il meriggio canoro, decretando la fine del gioco e così il grande catino, che tornerà nell’ultima poesia di Sereni (Altro compleanno, da Stella variabile, 1981), viene rappresentato nel suo vuoto, «nella pioggia che tutto cancella».

Si capisce bene, allora, che il tema agonistico si sposta dal calcio all’esistenza. A innervare in profondità la poesia è infatti un motivo continuamente presente, più o meno sottotraccia, in Sereni: quello della breve e gioiosa fioritura della vita, sempre minacciata dall’ombra di morte. Insomma, la poesia di Sereni non si ferma alla passione calcistica, al tifo per una squadra, ma attraverso il grande rito domenicale della manifestazione sportiva, che è un modo di celebrare la vita, i colori, il movimento, la passione, oppone frontalmente vita e morte, festa e sua dissoluzione.

Anche qui il calcio è metafora: lo è di una passione vitale che nella sua fragilità si scontra con il silenzio d’echi, con la pioggia-tempo, con la minaccia di morte che tutto cancella. Si può dire che, come spesso nella grande poesia, i due regni (chiaro e oscuro, vitale e luttuoso) appaiono in equilibrio e in tensione tra loro. La poesia è essa stessa attraversata da quel confine, da quella frontiera.

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