È stato Reynaud a portarci la notizia. Narcisse non c’è più. Ma io lo sapevo già. Qualcuno si è comportato male. Qualcuno ha provocato un Incidente. E adesso lui mi ha lasciato il suo bosco delle fragole e tutti parlano di me. Loro pensano che io non capisca, ma capisco eccome. È il mio bosco. Soltanto mio. E nessuno potrà venderlo, abbatterlo o impedirmi di andarci. Ci costruirò una casa soltanto per me, tra le felci e i rovi. Mi nutrirò di nocciole e acetosella e fragole selvatiche.
Frutto di maggio per eccellenza, la fragola (Fragaria vesca) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Rosacee: largamente diffusa, viene coltivata in piena terra o nelle serre e si trova allo stato selvatico nei boschi o nei prati. Proprio come ci ricorda Joanne Harris nel suo romanzo La ladra di fragole, che dopo Chocolat ci riporta nel villaggio di Lansquenet per ritrovare Vianne e la sua arte di trasformare il cioccolato in felicità grazie anche a ingredienti insoliti.
E la fragola, il frutto a bacca più conosciuto del mondo, insolita lo è parecchio: quella che chiamiamo comunemente fragola, infatti, è in realtà un falso frutto, formato da una parte carnosa rossa su cui sono inseriti i frutti veri, gli acheni, che sono i semini che si trovano sulla sua superficie. Curioso, no?
Quando arriva la primavera nei mercati il profumo di fragole e la loro bellissima macchia di colore catturano decisamente l’attenzione: impossibile resistere alla tentazione di comprarle. O di rubarle, come racconta Primo Levi in La tregua:
Mi condusse al mercato, nell'ala dove stavano le bancarelle della frutta. Sotto gli occhi malevoli della fruttivendola, colse dal primo banco una fragola, una sola, ma ben grossa, la masticò piano piano, con aria di intenditore, poi scosse il capo: – Nié ddobre, – disse severamente. (– È in polacco, – mi spiegò; – vuol dire che non sono buone –). Passò al banco successivo, e ripeté la scena; e cosí con tutti fino all'ultimo. – Beh? Che aspetti? – mi disse poi con cinica fierezza: – Se hai fame, non hai che da fare come me.
Certo, non era con la tecnica delle fragole che ci saremmo messi a posto.
Le fragole selvatiche erano apprezzate dai Romani, che le consideravano un rimedio per alcune malattie e nel Settecento il naturalista svedese Carl von Linné le definì “beneficio degli Dei”: lo aiutarono, infatti, a guarire dalla gotta.
Le fragole fanno parte della dieta quotidiana dell’uomo fin dal periodo Neolitico. La loro coltivazione iniziò in Francia nel XVI secolo, grazie agli esperimenti del giardiniere del Re Sole, che ne intuì le potenzialità alimentari oltre a quelle ornamentali.
La fragola, considerata da William Shakespeare “il cibo delle fate”, svolge una buona azione antiossidante, in grado di contrastare i radicali liberi, responsabili dei processi di invecchiamento. Contiene più vitamina C degli agrumi ed è ricca di calcio, fosforo, magnesio e ferro: disintossica, depura e aiuta a tenere pulite arterie e vene, con grandi benefici per il sistema cardiovascolare. In più contrasta la pressione alta, combatte le malattie da raffreddamento, è lassativa e diuretica, contiene persino una sostanza in grado di prevenire la formazione del tartaro e della placca ed elimina l’alito cattivo.
Per potenziarne l’efficacia, meglio mangiarle a stomaco vuoto, lontano dai pasti.
Le fragole e le fragoline di bosco vanno lavate con cura prima del consumo: vino e succo di limone possono aiutare a contrastare la loro carica batterica visto che, crescendo a contatto con il terreno, potrebbero veicolare sostanze nocive presenti nel suolo, come gli antiparassitari.
In tavola, si sposano magnificamente con panna, yogurt, formaggi freschi, nocciole, cioccolato bianco, cannella e vaniglia.
A Terracina, furono le ultime fragole della mia vita, perché erano vere fragole; ce le portava la padrona della casa ogni mattina, in grande quantità. Era il 1976: una crepa nell'anima, una nascita non carnale, una morte, e quelle fragole. Questo è nuovo, di questa fine di secolo, dire le ultime fragole, le ultime vere, le ultime non avvelenate, non radioattive. È nata così una nuova popolazione di ricordi; questo, per me, è legato a Terracina, e senza le fragole il ricordo di Terracina sarebbe molto meno vivo, adesso.
Mettete lo yogurt in freezer per una mezz’ora. Tagliate il rabarbaro a pezzetti, dopo aver eliminato i filamenti più duri (va trattato come il sedano) e ponetelo in una casseruola con un bicchiere d’acqua e due cucchiai di zucchero integrale bio. Fate sobbollire e cuocere per una decina di minuti, a fuoco basso, aggiungendo anche le fragole a pezzetti. Deve risultare una sorta di confettura. Lasciate raffreddare e passate con il minipimer. Riponete in frigorifero. Al momento di servire, completate con una pallina di yogurt “gelato” e qualche briciola di biscotto alla cannella.
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