Un libro claustrofobico, ambientato in uno spazio angusto, inospitale, inaccessibile, dove la sopravvivenza è davvero difficile. Va conquistata ogni istante sopportando i dolori e le privazioni, e mantenuta continuamente sfidando ogni sorta di pericolo, contrastando ogni mutamento fisico e psicologico, ogni cedimento che avvicini sempre più alla morte, allo spiffero gelido della rassegnazione, dell'accettazione della fine, del lasciarsi andare e farsi cullare dal pensiero di non opporsi a ciò che appare inevitabile, a non resistere più a quello che provoca tormento, paura, fatica, sofferenza.
Un libro anche per comprendere come, spesso, la mente umana sia un luogo quasi inesplorato, capace di creare suggestioni e fantasmi, mondi paralleli e luoghi che ci proiettano in un'altra realtà, altrettanto vivida e complicata, affollata, cupa, dove altre paure e altri desideri si impongono, vogliono emergere, sono portatori di verità alternative.
Jonathan Towier, un cinquantenne ex alpinista di successo e collaboratore di una rivista specializzata in sport estremi, grande esperto di montagna e situazioni al limite, con alle spalle la conquista di varie vette tra le più alte al mondo, è il protagonista di Vertigine (Fazi), il nuovo thriller mozzafiato (è il caso di dirlo!) dell'autore francese Franck Thilliez, da noi noto soprattutto per la trilogia che comprende Il manoscritto, C'era due volte e Labirinti, riuscitissimi puzzle in cui le tessere si incastrano poco alla volta, e il lettore viene sfidato a ragionare sulla situazione, a giocare con chi scrive.
Alcuni segreti vanno tenuti nascosti, ma saremmo disposti a morire purché non vengano mai svelati? Jonathan Touvier, ex alpinista cinquantenne, si risveglia intontito e non sa dove si trova. Attorno a lui soltanto buio, umidità, freddo.
Insieme a lui, che si risveglia intontito e incatenato all'interno di una grotta ghiacciata, buia e isolata, oltre al suo cane ci sono altri due compagni di sventura, un uomo prestante di mezza età addetto in un macello, e un giovane di origini magrebine dal vissuto difficile e problematico. Due sconosciuti che con lui si trovano a condividere uno spazio limitato e quasi privo di viveri e di utensili per resistere al buio, al freddo e all'umidità, ma in compenso hanno biglietti e cartelli che li identificano come ladro, bugiardo e assassino, quasi fossero all'interno di un gioco che qualcuno ha preparato con estrema cura e precisione per loro, per sondare la loro resistenza e tenacia, per smascherare eventuali segreti sepolti con cura nella loro coscienza, così come loro lo sono all'interno di un ambiente inabitabile e privo di vie di fuga.
Tra di loro, inevitabilmente, si crea subito un clima di diffidenza, di continue alleanze e di tradimenti reciproci e repentini, di sospetti e di piccoli gesti di solidarietà. E il ritmo che racconta quanto avviene è incalzante, frenetico, il tempo passa e non si intravede nessuna soluzione che possa portare alla loro salvezza, mentre si tenta di capire il motivo di quanto sta accadendo loro. Il pericolo proviene da ogni parte, e, di fronte alla fine imminente e definitiva, emergono gli istinti primordiali, la lotta alla sopravvivenza, alla caccia, ognuno di loro diventa un predatore disposto a tutto: forse è quello il vero significato della famosa locuzione latina "Mors tua vita mea", davanti alla possibilità di morire non ci sono filtri, l'unico obiettivo è quello di rimanere vivi, fino a quando è possibile, fino a quando se ne sente la pulsione, fintanto che la volontà lotta e sprona il corpo anche in precarie condizioni fisiche, perché "la sopravvivenza abbatte le barriere della coscienza. Tutto quello che credevamo sepolto, rimosso, riemerge in quel momento con, alle volte, una violenza decuplicata", come riportato da un passaggio di un processo per omicidio.
Oltre che un ottimo thriller, il romanzo può essere letto anche come una riflessione su come la nostra psiche sia uno spazio altrettanto claustrofobico, inaccessibile anche per noi stessi a volte, un ambiente chiuso a compartimenti stagni dove non sappiamo come reagiremmo di fronte al pericolo imminente, come ci possiamo comportare una volta costretti di fronte all'abisso, alla catastrofe, quale sia la soglia del dolore fisico e spirituale a cui si può opporre resistenza. E, soprattutto, quanto in profondità e quanto a lungo possiamo celare i nostri segreti agli altri e a noi stessi, quanto siamo disposti a fare in modo che pensieri e ricordi inconfessabili rimangano sepolti per sempre.
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