L’estate porta con sé il caldo torrido in città, le strade deserte e l’aria condizionata che rimane accesa fino a tarda sera. Le automobili si dirigono verso il mare, mentre l’odore di salsedine e il sole che batte sulla pelle indicano ai viaggiatori di essere giunti a destinazione.
La stessa a cui vogliono approdare gli immigrati libici che, però, al posto che sulle macchine viaggiano sui barconi, non hanno una stanza di hotel e neanche la certezza di raggiungere la riva.
Troppo Neri (Feltrinelli), scardina i luoghi comuni. Saverio Tommasi racconta storie vere e drammatiche, ma anche piene di vita e di speranza, lasciando il lettore con una riflessione personale e sociale. Il fotogiornalista Francesco Malavolta accompagna queste narrazioni con le sue fotografie intense, che colgono l’essenza delle persone.
C’è una sola regola fra gli immigrati in partenza: “Non si inizia mai un viaggio insieme a un congiunto”. Troppo rischioso per due fratelli, per un fratello e una sorella, impensabile per un marito e una moglie. Per questo i congiunti si separano prima della partenza, dandosi appuntamento solo all’arrivo, sapendo che probabilmente non si rivedranno mai più.
Se si presta attenzione, si nota che i bambini disegnano in modo simile, il mare lo rappresentano con una linea blu mentre il sole è sempre posizionato in un angolino in alto. Alcuni di loro toccano per la prima volta la sabbia su una spiaggia dell’Emilia-Romagna, altri la scoprono attraverso l’oratorio estivo o chi è più fortunato nasce in una località marittima. Esiste una porzione che lo vede per la prima volta in lontananza in attesa che un barcone li porti dall’altra sponda di quell’immenso blu. Si ritrovano seduti accanto a persone che non conoscono, ma che condividono gli stessi occhi pieni di paura. Non tutti hanno bei ricordi del mare: per alcuni è salvezza, una speranza, mentre per altri rappresenta l’ultima possibilità.
Nel suo libro, Tommasi riesce a esprimere il desiderio di vivere, o meglio, di sopravvivere, attraverso storie che sembrano distanti da noi ma che si svolgono nel tacco dell’Italia.
Non si accoglie per religione, credo, pietà o fede. Non si accoglie neanche per convenienza o ragionamento. In fondo non si accoglie neanche perché ne hanno diritto, o pensiamo ce l’abbiano. Si accoglie perché sono esseri umani, e noi siamo esattamente quella stessa cosa che sono loro. Perché in qualche modo stiamo affogando anche noi, insieme a loro, ogni volta in mezzo al mare.
Tra gli immigrati in partenza c’è una sola regola: “Non si inizia mai un viaggio insieme a un congiunto”. Si separano prima della partenza, pregando e sperando di riunirsi.
Secondo i dati dell’Agenzia Onu per i rifugiati, il picco di immigrazione è avvenuto nel 2015, un milione di rifugiati e migranti ha tentato di raggiungere l’Europa. Da allora, gli aiuti verso queste persone sono diminuiti e si sono costruiti muri per tenerle lontane. Oltre il mare, le montagne, i deserti e i campi che accompagnano la fuga di queste persone che percorrono chilometri di strada alla ricerca di un varco d’ingresso. Tra loro ci sono donne che hanno subito violenze, altre in stato di gravidanza o con bambini che tengono per mano. Ci sono padri che cercano di portare al sicuro la propria famiglia, giovani che sperano in una vita migliore e anziani costretti a lasciare la terra in cui sono cresciuti.
Una volta arrivati a destinazione, inizia una seconda vita all’insegna dell’inserimento, con dubbi, sacrifici e la lotta contro il razzismo.
Tommasi crea spazio nel suo racconto per i ragazzi e le ragazze arrivati in Italia da piccoli o che sono nati sul suolo italiano. Senza cittadinanza o passaporto, ‘troppo neri’ per essere considerati italiani e ‘troppo italiani’ per essere considerati afghani, eritrei o etiopi. Se si chiudono gli occhi, si sentono i loro accenti toscani, siciliani e romani. Si comportano come i loro coetanei, eppure non vengono considerati uguali.
Attraverso la sua scrittura l’autore sottolinea l’importanza di accogliere gli immigrati, non solo per ragioni di religione o diritto ma perché sono essere umani, come noi che da bambini disegnavamo con i pastelli colorati su un foglio bianco.
Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chiama.
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