“Amatori,” ripete sorridendo, quasi tra sé, la parola che ho appena usato per descrivere me e i tizi dalle facce scavate agli altri tavoli. “Sì, è il nostro nome, la nostra categoria,” dico mandando giù un’altra forchettata colma di uova e marmellata. “Ma amatori di cosa?”
Amatori di cosa?
Questa è la domanda che vien posta dalla sorella in modo forse un po’ malizioso e impertinente a Mauro Covacich, dopo che nel 2016 ha corso soddisfatto e felice la Cortina-Dobbiaco, una corsa in montagna lunga 30 km. Da questa domanda è nata per l’autore l’intenzione di scrivere un libro che è una “autobiografia atletica”.
Un libro che è un microbilancio della sua vita sportiva composto da tanti frammenti autobiografici intervallati da divagazioni, memorie di viaggi ed esperienze. La corsa ha sempre aiutato la sua scrittura ed è sempre stata un attivatore per tante storie. «Non sono un corridore che scrive ma uno scrittore che corre» dirà molto spesso di sé stesso.
In questo libro non ci sono consigli per correre meglio, ma è il racconto di chi ha trovato nella corsa una forma di raccoglimento. Dalla prima corsa di un Mauro undicenne, durante la quale sperimenta per la prima volta le sensazioni che lo faranno innamorare della corsa, alle imprese più recenti, che diventano occasione per una riflessione sulla sensazione di libertà che si prova correndo sul bordo strada.
Mauro ha cominciato ben presto a confrontarsi con la corsa grazie alla sua prima esperienza ad una gara di un paio di chilometri a 11 anni, dove si classificò terzo. Da qui la passione si è trasformata in un costante confronto con il proprio corpo che cambia anche grazie alla corsa.
Non si pensi però che il libro sia indirizzato ai “dipendenti da running”, sarebbe facile parlare a chi ha la stessa passione; è invece il tentativo dello scrittore di trasmettere una “esperienza viva”.
Immagina Manhattan senza traffico e tu che ci corri in mezzo. Ecco, è il tuo momento. Lo hai atteso da un sacco di tempo, ti sei iscritta con un anno di anticipo, ti sei allenata ogni giorno seguendo le tabelle del tuo crono dei sogni, come gli aspiranti maghi seguono le ricette sul libro dei sortilegi, trovandole assurde ma senza mai smettere di sperare. Il venerdì ti sorbirai tre ore di fila al marathon expo per ritirare il pacco gara (indumenti che esibirai, scoloriti, per tutta la vita), il sabato pregherai secondo la tua religione, e poi verrà il giorno del giudizio.
Il rapporto con la corsa per Covacich, pur essendo lui stato non un professionista dell’atletica ma un amatore, è sempre stato un rapporto di sfida, una strana passione che nasce da una forza che si possiede e che si riesce ad addomesticare. Questa seduzione riguarda soprattutto la corsa di resistenza e la maratona che diventa la regina di tale fascinazione.
Nel 2009 proporrà al pubblico una videoinstallazione intitolata L’umiliazione delle stelle dove correrà una maratona davanti a una telecamera fissa spostandosi dalla dimensione narrativa alla dimensione performativa. La sua, all’epoca, fu veramente un’impresa unica nel suo genere. In quei tempi certo non potevamo sapere che la pandemia avrebbe portato tante performance simili: saranno molti, infatti, i runners durante il primo lockdown a cimentarsi sulle alternative che la corsa può dare pur dovendo rimanere a casa, varie distanze su tappeti elettrici, corse in bici sui rulli o, come fece l’atleta Gianluca di Meo, una corsa di 100 km avanti e indietro sul proprio terrazzo di casa.
Il senso di libertà che si avverte correndo e superando i propri limiti, l’estasi che ci porta a correre a perdifiato (titolo del romanzo di Mauro Covacich pubblicato nel 2003 da Einaudi e da poco riedito per La Nave di Teseo) sono i temi conduttori di tutto il libro, ciò che ci farà venir voglia di indossare la nostra nuova magliettina tecnica acquistata per l’occasione, che ci farà inginocchiare per stringere i lacci alle nostre nuove scarpe coloratissime e leggere ma strutturate, tanto da evitarci il difetto di pronazione, e che ci farà schiacciare START sul nostro nuovo orologio da polso per inseguire quella sensazione che solo provandola veramente sul proprio corpo si potrà riconoscere come la sfida a cui magari anelavamo da tempo ma contro cui non avevamo ancora avuto il coraggio di cimentarci.
Un’ultima considerazione. Appena ho terminato questo libro, ricco di aneddoti, storie e viaggi dentro il mondo del running ho avuto solo un grande desiderio: quello di tornare a correre.
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