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Se non sai che sei viva di Marie-Helene Bertino

Siamo a pochi giorni dalle nozze, la futura sposa è da sola in un resort di Long Island nel vano tentativo di “rilassarsi” prima del sì. Un uccello, una cocorita per l’esattezza, entra nella sua stanza e inizia a rivolgerle delle domande come se fosse nel mezzo di una conversazione. Il pennuto è in realtà la defunta nonna della ragazza che le fa visita con una richiesta perentoria: «Voglio che tu faccia una cosa… Voglio che trovi tuo fratello»; e poi: «Non lo troverai, ma è importante che ci provi». Potrebbe sembrare un enigma, come quelli che vengono proposti all’eroe di una storia prima che inizi il suo “viaggio”, e in parte lo è, perché ciò che verrà alla luce da qui in poi cambierà gli esiti della vicenda. Pur recalcitrante, almeno all’inizio, la ragazza si mette sulle tracce del fratello che non vede da anni: di lui si sa solo che è un commediografo di talento, un tipo schivo e dedito alla droga. È l’autore di una commedia di successo ispirata alla vita della sorella e a lei dedicata. Ha inizio un peregrinare insolito, doloroso, a tratti esilarante e pieno di colpi di scena in cui il lettore viene coinvolto senza nessuna possibilità di sottrarsene, come quando si sale sulle montagne russe.

Se non sai che sei viva
Se non sai che sei viva Di Marie-Helene Bertino;

Una cocorita che è l'incarnazione della nonna defunta, una sposa che non è più sicura del suo sì e un fratello perduto da ritrovare: sono questi gli elementi di un romanzo intimo ed esilarante al contempo, in un saliscendi di emozioni che tiene incollati fino all'ultima pagina.

Se non sai che sei viva è un romanzo sorprendente, caustico e sincero, capace di raccontare temi come l’essere donna, il dolore, le storture familiari, l’inadeguatezza, con un tono leggero e ironico eppure profondo. La narrazione vira di continuo verso il soprannaturale, con un registro canzonatorio e audace ma al tempo stesso intimo.

Marie-Helene Bertino si diverte a mettere in scena una protagonista che sovverte le aspettative, che va verso il matrimonio senza gioia, senza trepidazione, alla spasmodica ricerca di sé e soprattutto capace di dare voce ai pensieri più reconditi: «L’amore è diverso per ciascuno come se si trattasse di gusti? Il mio è pistacchio, e il tuo cereali e cioccolato?... Nasciamo dotati di una determinata quantità di amore, o è una quantità infinita? Scommetto che dipende dai dadi insieme ai quali ti lanciano nel mondo, e al tavolo sul quale finisci. Il Caso… La loro felicità mi estromette. Sono triste in un posto felice».

In un mondo in cui la forza è associata alla mancanza di dubbi e il cambiare idea è una debolezza di cui vergognarsi, la nostra sposa si toglie la maschera, mostra fragilità e imperfezioni, non si conforma alle consuetudini e rivendica la propria identità: «So cosa voglio: sedere al bar di un ristorante, curiosando con la cannuccia in un drink niente male in attesa di un’amica con cui non vedo l’ora di parlare senza essere sposata a nessuno… Mi sento fremere di gioia dentro quando penso al dormire da sola, e la cosa mi fa arrossire di vergogna fino alla punta delle orecchie».

È un romanzo che inneggia alla libertà di essere sé stessi, di riconoscersi ed esercitare indulgenza per le proprie debolezze.

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