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Questo post è stato rimosso di Hanna Bervoets

Mi sono approcciata a Questo post è stato rimosso di Hanna Bervoets sapendo già dove andava a parare. Il titolo e il risvolto di copertina mi avevano ben preparata al contenuto, ero pronta, ero curiosa. La protagonista lavora per una piattaforma di social media che non ci viene rivelata, e la sua mansione è quella di moderatrice di contenuti. Sostanzialmente, se ne sta seduta davanti ad uno schermo otto ore al giorno, per cinque giorni a settimana, ad osservare cosa milioni di persone pubblicano, e sta a lei valutare se i contenuti siano idonei alle linee guida dell’azienda. Cosa si può pubblicare? Cosa è lecito? Cosa è sconveniente politicamente, moralmente, eticamente, commercialmente? La materia è vasta e complicata e le regole sono labili, cambiamo di continuo. Il concetto di giusto o sbagliato è sottoposto a così tante variabili da rendere un lavoro apparentemente semplice (gattini che giocano bene, violenza domestica male) estenuante, difficile e, ancor peggio, in grado di mettere in dubbio il personale senso critico della protagonista.

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Questo post è stato rimosso Di Hanna Bervoets;

Una storia potente e attuale su chi o che cosa determini la nostra visione del mondo. Esplora il concetto di moralità e di come sia fluido e mette in luce il potere delle grandi aziende tecnologiche, il modo in cui ci controllano e alla fine ci cambiano per sempre.

Ascoltando il suo racconto, di come un lavoro serva, le bollette vadano pagate e lo stomaco riempito, mi sono resa conto che ero davanti ad un lavoro che definirei usurante. Ma la definizione non calza con la descrizione che ne ho dato all’inizio.

Infatti, per lo meno in Italia, ai sensi dell’art.1 del d.lgs. 374/1993 “sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere pervenuti con misure idonee”. Accanto a questa definizione generale, l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 67/2011 fornisce un elenco dettagliato, individuando i lavori usuranti tra:

° le mansioni di cui all’art. 2 del DM 19 maggio 1999, come ad esempio lavorazioni in gallerie, nelle cave, nelle miniere, svolte dai palombari o che prevedono un’esposizione ad alte temperature oppure l’asportazione di amianto;

° la conduzione di veicoli di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti al servizio pubblico di trasporto collettivo;

° le lavorazioni notturne a turni, di almeno 6 ore ciascuno e per almeno 64 giorni all’anno, oppure lavorazioni notturne di almeno tre ore nell’intervallo di tempo compreso tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all’intero anno lavorativo

Insomma, ne emerge che guardare il genere umano esprimere se stesso nel migliore, ma nella maggior parte dei casi nel peggiore dei modi, non è considerato un lavoro in grado di alterare (e giuro che non trovo termine più calzante) l’equilibrio psichico di chi lo esercita. E la cosa ancora più avvilente è che qui non si sta parlando di Deepweb, con il suo pavimento  di pedopornografia, crimini di guerra filmati e condivisi tra i membri dell’esercito, segreti di stato a luci rosse e narcotraffico...qui si parla di persone come me, come te, che postano, condividono, commentano, visualizzano spazzatura. Persone estremamente disturbate e fragili che fanno cose, si fanno cose e la grande comunità del World Wide Web accoglie i loro disagi e sproloqui e li fa arrivare in cima alla lista dei più cliccati. E sono sicura che vi state chiedendo: ma cosa vedono? Cosa valutano? Quale è lo schifo più schifo che ha visto questa ragazza durante il suo turno? La cosa amara è che proprio questa è l’affermazione con la quale inizia lo sfogo di Kayleigh, ovvero “tutti mi chiedono cosa ho visto, con quella luce truce negli occhi”.

Quello che vede, quello che ha visto sono gocce di veleno che giorno dopo giorno intossicano lei, chi le sta intorno e i suo affetti. Come venendo esposta a materiale radioattivo, tutta quella vita degli altri, tutto quel disagio sono in grado di contaminare l’anima come materiale inquinante.

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