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Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe di Brigitte Vasallo

Con Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe Brigitte Vasallo cerca di definire i rischi della definizione, ma finisce per rivoluzionare completamente il modo in cui ci rapportiamo con il linguaggio, non più come strumento ma come bene strumentalizzato dal potere.

Precarie è un modo di nominarci che ci rende uguali nel futuro, ma che inciampa sul nostro passato.

Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe

Quante volte sentiamo dire che cambiando le parole che usiamo cambieremo il mondo? Spesso ci abbiamo creduto, e forse ci crediamo ancora. Ma nonostante tutti gli sforzi il potere di trasformare la realtà e l’immaginario resta nelle mani di chi ha sempre avuto privilegi.

L’assunto da cui Brigitte Vasallo parte è molto semplice e richiama direttamente l’ipotesi di Sapir Whorf. Per chi non lo sapesse, si tratta di un’ipotesi formulata dagli antropologi Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf, secondo cui il linguaggio non è il risultato di una cultura ma ne è la causa. Detta in maniera più semplice: il modo in cui chiamiamo le cose ce le fa percepire in maniera diversa. Ecco, Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe compie un passo successivo sottolineando per la prima volta che, se il modo in cui percepiamo la realtà muta al mutare del linguaggio, allora le minoranze – che siano classi economiche svantaggiate o comunità specifiche – tenderanno inevitabilmente a soffrire l’imposizione di un linguaggio che sarà sempre determinato da chi è finanziariamente più forte, e anche laddove le minoranze si trovassero sul piano decisionale, ciò avverrà immancabilmente secondo le modalità e, soprattutto, un linguaggio a cui ci si deve adeguare. E, come sottolinea più volte Vasallo richiamando l’ipotesi di Sapir Whorf, un linguaggio che non prevede certe necessità, che non le può nominare, non potrà mai permettere a chi ne ha bisogno di esprimerle.

Nessuno si è preoccupato di trovare una forma per cui le donne che non sanno scrivere possano accedere a questi mezzi di espressione, perché́ non ce ne frega niente di ciò̀ che potrebbe raccontarci una donna che non sa nemmeno scrivere.

Il linguaggio, insomma, non è più uno strumento ma un bene il cui controllo determina la classe dominante. E qui si arriva alla seconda geniale intuizione che Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe propone: l’inevitabile passaggio dal capitalismo finanziario al capitalismo del linguaggio, ovvero il semiocapitalismo. Certo, la Vasallo prende in prestito il termine da Franco Bifo Berardi, ma permette di evolverne il significato e il contesto. Secondo l’autrice, infatti, stiamo attraversando un momento di transizione. Il valore, il contenzioso del potere, la dominazione non si esercita più nella sfera economica ma nel capitale “simbolico”, inteso non come metafora ma come segno: che siano i video che pubblichiamo su TikTok o i meme che produciamo, passando dai libri e anche da questa recensione qui, ci troviamo in una fase di capitalizzazione della persona non come produttrice di beni o forza lavoro ma come produttrice di segni, i quali diventano dati e di nuovo segni e ancora informazioni. Questa è l’intuizione importantissima che Brigitte Vasallo propone.

Il capitale culturale, o la sua mancanza, è proprio questo, quell’ignoranza, quell’essere fuori posto, il non sapere dove si comprano i libri e il fatto che non lo sappiano nemmeno i tuoi genitori

E in un mondo in cui il segno è la nuova moneta si muove un terribile sospetto, ovvero che la verità per cui tanto combattiamo e che tanto pretendiamo non sia a sua volta un fatto incontrovertibile ma si sia ridotta a un segno deciso dalla classe dominante. Infatti, nella rivoluzione semiocapitalistica la verità è diventata un segno che può o meno influenzare la realtà. E così Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe ci frega ancora una volta e ci fa capire che verità e realtà sono due aspetti fondamentalmente opposti. Non è importante che la realtà dei fatti sia una, perché la verità, la narrazione che avviene del fatto sarà influenzata da altri segni decisi dalla classe dominante e – più specificatamente – da una classe dominante dai connotati patriarcali.

Il progetto di liberazione attraverso l’educazione sogna di renderci tutti partecipi della conoscenza, ma partecipi come recettori e non come produttori di questa conoscenza.

Con Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe, quindi, Brigitte Vasallo ci illude: noi speriamo in una ricetta segreta per integrare nel nostro parlare comune la consapevolezza di genere e il rispetto per le minoranze, Vasallo invece ci fa dono di un terribile e insospettato segreto che riguarda il mondo stesso, la società e il linguaggio tutto. Un saggio rivoluzionario che cambia il modo di vedere il capitalismo e ci permette di arrivare a una maggiore comprensione delle nostre necessità in quanto esseri umani. Il tutto in una splendida pubblicazione con cui Tamu edizioni ancora una volta dimostra di riconoscere le possibilità espressive e transmediali di autrici e autori attualissimi.

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La posta della redazione

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Conosci l'autrice

Brigitte Vasallo è una scrittrice e attivista spagnola. Attenta alle tematiche femminili, è nota soprattutto per la sua critica all’islamofobia di genere, al purplewashing e all’omonazionalismo, nonché per la difesa del poliamore nelle relazioni affettive. È docente al Master in Genere e comunicazione dell’Università Autonoma di Barcellona. Tra i suoi libri, Pornoburka (Edizioni il Galeone, 2020), Per una rivoluzione degli affetti. Pensiero monogamo e terrore poliamoroso (effequ, 2022) e Linguaggio inclusivo ed esclusione di classe (Tamu, 2023) finalista del Premio Inge Feltrinelli.

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