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La vegetariana di Han Kang

Una scrittura talmente evocativa, quella di Han Kang, da risultare violenta il più delle volte e squarciare così l’animo del lettore. Il cammino che percorriamo attraverso le pagine dell’autrice sudcoreana è via via sempre più crudo e disturbante.

È per la carne. Ho mangiato troppa carne. Le vite degli animali che ho divorato sono tutte piantate lì. Il sangue e la carne, tutti quei corpi macellati sono sparpagliati in ogni angolo del mio organismo anche se i resti fisici sono stati espulsi, quelle vite sono ancora cocciutamente abbarbicate alle mie viscere

La voce della protagonista, che in seguito a un terribile incubo decide di smettere di mangiare carne, ci arriva in maniera distorta e frammentata poiché la sua storia è narrata dal punto di vista degli altri personaggi, e solo raramente fanno capolino i pensieri di Yeong-hye, ritenuta folle per la sua decisione.
Nei primi capitoli la sua figura, e più in generale la figura femminile, è ridotta a mero personaggio passivo, oggetto della volontà e delle smanie sessuali maschili. Solo nell’ultimo capitolo sembra esserle restituita una certa dignità attraverso la narrazione della sorella, anche se, a questo punto Yeong-hye è ormai in condizioni critiche, avendo smesso di nutrirsi per liberarsi dalla propria forma fisica e tramutarsi in vegetale:

«Non ho bisogno di questo genere di cibo, sorella. Ho bisogno di acqua».

La vegetariana
La vegetariana Di Han Kang;

«È tutt'altro che un'opera ascetica: è un romanzo pieno di sesso ai limiti del consenziente, di atti di alimentazione forzata e purificazione – in altri termini di violenza sessuale e disordini alimentari, mai chiamati per nome nell'universo di Han Kang ... Il racconto di Han Kang non è un monito per l'onnivoro, e quello di Yeong-hye verso il vegetarianesimo non è un viaggio felice.

Si può individuare nel romanzo un legame tra il controllo esercitato dall’uomo sulla figura femminile e sulla natura, in questo caso in particolare sugli animali. Un controllo ritratto dalla Kang con riferimenti assai disturbanti, che vanno di pari passo con l’inquietudine provata dai protagonisti, con il rapporto precario sogno-realtà, e con una serie di domande angoscianti che si pongono i personaggi, senza trovarvi alcuna risposta. La natura, poi, fa sempre da sfondo alle vicende, con riferimenti continui al mondo vegetale – «Tutti gli alberi del mondo sono come fratelli e sorelle» – soprattutto per la forte volontà della protagonista di tramutarsi in parte della natura stessa.

Un desiderio di metamorfosi che viene portato a termine in un’altra opera della Kang, Convalescenza, e che ci fa pensare alla Dafne del mito, con la sostanziale differenza della volontà: Dafne si vede infatti costretta a sacrificare il suo corpo e trasformarsi in albero per sottrarsi ad Apollo; le protagoniste della Kang, invece, vogliono cambiare per poter sfuggire alle costrizioni imposte dagli altri ma, in primis, per liberarsi da sé stesse e dalla forma animale che causa loro sofferenza.

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Conosci l'autore

Han Kang è una scrittrice coreana, vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 2024. Vittoria che le ha permesso di diventare la prima autrice asiatica nella storia ad aggiudicarsi tale riconoscimento.Nata nel 1970, è figlia dello scrittore Han Seungwon e come il padre ha vinto il Yi Sang Literary Award.Studiosa di letteratura coreana alla Yonsei University, ha iniziato la sua carriera come poetessa. Nelle sue opere Han Kang si confronta con traumi storici, esponendo la fragilità della vita umana, enfatizzando le connessioni tra corpo e anima, vivi e morti, con uno stile poetico unico e sperimentale, confermandosi un'innovatrice della prosa contemporanea.In Italia i suoi romanzi sono pubblicati da Adelphi.Tra i titoli ricordiamo, La vegetariana, vincitore dell' International Booker Prize nel 2016, Atti umani (2017), Convalescenza (2019), L'ora di greco (2023), Non dico addio (2024).Han Kang nel 2024 ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: «per la sua intensa prosa poetica che affronta i traumi storici ed espone la fragilità della vita umana.»Fonte immagine: Adelphi Edizioni, credits: Yeseul Jeon

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