Qualcuno più critico di me potrebbe imputare a Chiara Valerio una certa malizia: La matematica è politica promette infatti integrali e anarchia, ma prorompe in un inno alla vita e alle sue incertezze, alle verità e al loro senso.
Non è la matematica a scoraggiare ma il modo in cui essa è scritta e presentata.
Il punto di partenza del libro di Chiara Valerio è l’efficace confutazione di un modello scolastico e rigido a favore di un prototipo più inclusivo e accogliente. La premessa fondamentale, infatti, è la fallacia dell’insegnamento tradizionale di una materia che per l’autrice è stata – e continua a essere – elemento imprescindibile della propria esperienza di vita.
Chiara Valerio tesse in un pamphlet polemico un parallelo tra matematica e democrazia, due aree che non subiscono la dittatura dell'urgenza.
Dentro di me c’era il mondo nuovo squadernato dall’idea di probabilità soggettiva. E della matematica come disciplina per stare nel mondo e tentare di interpretarlo.
Il centro del libro viene fin da subito occupato dall’esperienza della Valerio, un’esperienza totalizzante le cui ripercussioni si riscontrano soprattutto in una visione del mondo chiara e perspicace, che non manca di intrecciarsi con il nostro presente, il presente del Covid-19 e di tutto ciò che ne consegue. La matematica diventa così un gesto rivoluzionario, una palestra che si contrappone direttamente al mondo delle riunioni di lavoro che hanno un orario d’inizio ma quasi mai un orario di fine.
Scrivo di persone perché l’apprendimento ha a che fare con gli incontri, con il riconoscimento e con la fiducia.
Con esempi e racconti La matematica è politica ci ricorda ossessivamente l’impossibilità di vivere l’ambiente culturale come un eremitaggio inaccessibile. Allo stesso modo Chiara Valerio non si concede un linguaggio complesso o stratificato, ma offre un filtro comprensibile anche a chi la matematica – come me – ha smesso di studiarla al liceo. Niente paura, quindi, la matematica c’è ma ci accompagna, non ci limita.
La matematica è una disciplina che favorisce la diffusione della democrazia.
Il punto diventa quindi questo: come possono matematica e politica avere a che fare l’una con l’altra? La matematica, ci spiega la Valerio, ci insegna la relatività dei punti di vista, ci chiarisce l’inesistenza del concetto di errore, ci abitua al mutare delle condizioni. La matematica è politica non tanto perché ci impone delle strutture, ma proprio perché demistifica l’aura di sacralità di cui sono circondate e ci restituisce tutta la potenzialità dell’attesa: l’attesa che un sistema crolli e la genuina curiosità verso quello che verrà.
In matematica sinonimo di perdonare è capire. Sia per perdonare che per capire ci vogliono tempo e intenzione.
L’atto più rivoluzionario a cui ci invita l’autrice è proprio quello di riprendere coscienza del nostro tempo. All’interno di un mondo governato dall’impazienza e dall’intolleranza l’inutile diventa anarchico. “A che cosa serve la matematica?” Chiara Valerio risponde senza mezzi termini: studiare non serve, studiare comanda. Studiare comanda perché è un sentimento che nasce naturalmente dall’impossibilità di accettare un sistema la cui unica prerogativa è l’estrema efficienza.
La matematica è politica
Abbiamo parlato della matematica e abbiamo parlato della politica, manca però un aspetto essenziale: il verso essere. Questo libro presenta senz’altro inesauribili spunti di riflessione su entrambi gli argomenti, ma è impossibile non percepire all’interno di tutta l’opera un unico filo conduttore che accomuna tutti i punti. Tale filo conduttore è costituito da un invito emozionato e sentito a essere e a vivere disarticolando strutture, eliminando inutili verità e accettando la possibilità di un errore che non è mai assoluto. Chiara Valerio ha una cosa importantissima da comunicarci, una massima che si applica perfettamente al mondo che stiamo vivendo e che dovremo affrontare. La matematica è politica sì, ma non dobbiamo dimenticarci che, esattamente come per la matematica:
Le cose sono complicate, ma si possono risolvere.
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