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Il cavaliere inesistente di Italo Calvino

Con Il cavaliere inesistente, Calvino ci porta nel Medioevo, all’interno di un’epica cavalleresca che ci ricorda l’Orlando Furioso di Ariosto. E il romanzo inizia proprio in un accampamento di Carlomagno, dove, tra tutti i cavalieri presenti, ne emerge uno in particolare: si tratta di Agilulfo, il cavaliere inesistente. Agilulfo infatti è un’armatura bianca e vuota, che va avanti solo con la forza di volontà e la fede nella sua causa, è rigido, preciso, intransigente. Verranno poi introdotte le altre due figure principali: Rambaldo, un giovane entrato nell’esercito per vendicare il padre ucciso e Gurdulù, che troviamo per la prima volta mentre si muove in mezzo alle anatre, credendo di essere una di loro. 

Questo suddito qui che c’è ma non sa d’esserci e quel mio paladino là che sa d’esserci e invece non c’è. Fanno un bel paio, ve lo dico io!

Noi ci muoviamo con questi personaggi, tra grandi battaglie, coincidenze e sbagli. Come quando Rambaldo, invece di uccidere l’uomo che ha ammazzato suo padre, si trova a fronteggiare il suo porta occhiali; o come quando osserva Bradamante, una donna che combatte come un cavaliere, mentre fa pipì vicino a un laghetto.

La vera svolta della storia, però, arriva quando un altro paladino, Torrismondo, mette in dubbio il titolo di cavaliere di Agilulfo: infatti dichiara che Sofronia, la vergine che Agilulfo aveva salvato dai briganti, sia sua madre. Se così fosse, il cavaliere inesistente perderebbe il suo titolo, perché non avrebbe salvato una fanciulla vergine, ma una semplice nobildonna. 

Agilulfo quindi parte, insieme a Gurdulù; poi parte inseguendolo anche Bradamante, innamorata di lui; e in seguito parte anche Rambaldo, dietro a Bradamante. Parallelamente, anche Torrismondo parte per cercare suo padre, tra i cavalieri del santo Graal.

Tutti questi fili, che si inseguono, si intrecciano e si separano, danno vita a una serie di disavventure: Agilulfo con la vedova Priscilla, i vari incontri lungo la strada, i cavalieri del santo Graal e il villaggio, l’arrivo in Marocco alla ricerca di Sofronia.

Un intreccio caotico, fatto di inseguimenti, inconvenienti e risoluzioni, porta alla sistemazione dei vari personaggi, che si perdono, oppure trovano il loro posto nel mondo. Quindi Calvino scrive sì un romanzo in primo luogo divertente da leggere e da seguire, ricalcato sullo schema dell’epica cavalleresca, ma scrive soprattutto un romanzo sulla ricerca di sé e della propria strada. D’altronde, “[…] Anche ad essere si impara…”.

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Conosci l'autore

Figlio di due scienziati (il padre è agronomo, la madre biologa) nasce a Cuba dove i genitori dirigevano l'orto botanico di Santiago de las Casas, vicino a L'Avana. Tornata in Italia la famiglia, a Sanremo, frequenta le scuole nella città ligure e, terminato il liceo si iscrive ad Agraria, ma interrompe l'Università per evitare l'arruolamento forzato e dopo l'8 settembre si unisce alle brigate partigiane nella Brigata Garibaldi. Nel 1944 entra nel Pci e alla fine della guerra ne diventa militante attivo e Quadro. Si iscrive e si laurea alla facoltà di lettere di Torino e nel frattempo inizia a collaborare a riviste (fondamentale il rapporto con il Politecnico di Vittorini) e quotidiani. Entra a lavorare all'Einaudi e nel 1950 ne viene assunto definitivamente come redattore. Iniziano i questi anni le prime uscite dei suoi romanzi, tutti accolti con grande stima dalla critica internazionale. Con le Fiabe italiane, capolavoro del 1956 che custodisce un immenso patrimonio fiabesco popolare, Calvino realizza uno straordinario lavoro storico-letterario: «Per due anni ho vissuto in mezzo a boschi e palazzi incantati … Ogni poco mi pareva che dalla scatola magica che avevo aperto, la perduta logica che governa il mondo delle fiabe si fosse scatenata, ritornando a dominare sulla terra. Ora che il libro è finito, posso dire che questa non è stata un’allucinazione, una sorta di malattia professionale. È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza …: le fiabe sono vere.»Nel 1964 sposa all'Avana Esther Judith Singer e nel 1965 nasce la figlia Giovanna. L'anno successivo alla morte di Vittorini, cioè nel 1966, si trasferisce a Parigi con la famiglia. Inizia poi a collaborare con il Corriere della Sera, quindi con La Repubblica su cui scriverà fino al 1984. Nel 1978 muore la madre a 92 anni. Nel 1980 una raccolta dei suoi Saggi più importanti viene pubblicata con il titolo di Una Pietra Sopra e nello stesso anno si trasferisce a Roma. Nel 1983 pubblica Palomar, una serie di racconti ricchi di “disillusa amarezza” e l’anno dopo presso Garzanti, pubblica Collezione di Sabbia. Nel 1985 poiché invitato a tenere una serie di lezioni a Cambridge alla Haward University, prepara Lezioni Americane che verranno pubblicate postume nel 1988. Colpito il 6 Settembre da ictus, muore a Castiglione di Pescaia nella notte fra il 18 e il 19.Tra le sue opere principali troviamo Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente, Le città invisibili, Se una notte d'inverno un viaggiatore.Nel saggio Italo Calvino. Le linee e i margini Mario Barenghi scrive: «Se per parlare della società presente Calvino ricorre ad allegorie araldico-cavalleresche, favole urbano-industriali, viaggi attraverso immaginari imperi, cosmogonie, escursioni nella filogenesi degli anfibi e dei molluschi, per parlare dell’uomo riduce l’umanità a lucenti scaglie di autocoscienza e di facoltà percettive, da Agilulfo a Qfwfq.»

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