Raccontare la storia della propria vita dentro la storia con la "S" maiuscola di un Paese. Raccontare i frammenti della propria esistenza singola e di coppia dentro le certezze, le ansie, le battaglie, le paure di una generazione. Questo è il libro di Stefania Nardini, La combattente, pubblicato da E/O.
L'inizio della storia ci racconta un distacco, quello che Angelita, la protagonista del libro, subisce a causa della morte del suo compagno di vita, Fabrizio.
Sopravvivere era la più grande delle punizioni. Ero stata espulsa dal regno della felicità. Ero stata spogliata da quel senso di eternità che l’amore ti mette addosso. [...] Stare al mondo da superstiti, come stava accadendo a me, non significava essere soli, ma restare soli
Un tema fortissimo che emerge subito è la figura di una donna che rimane vedova. Un tema importante perché non è solo, come dovrebbe essere, una questione di affettività, ma per tante donne diventa anche una questione sociale e di scoperta di una nuova identità culturale.
Nel dolore dell’addio ci sono però i tanti istanti vissuti insieme.
Il passato, ai suoi occhi, è fascino e sconfitta. Cercare lì la verità per riuscire a rinascere. Angelita è rimasta da sola nella grande casa di famiglia. Fabrizio, suo compagno di vita da trent’anni, se ne è andato via divorato da un cancro. Scrittrice, ex giornalista, in età matura è travolta da un’opprimente solitudine. L’impatto con la realtà è violento, privo di certezze.
E qui si apre l'affascinante intreccio tra la loro storia d'amore e la nostra storia recente, intesa come storia della nazione: il loro primo incontro, per un’indagine giornalistica, nel manicomio di Santa Maria della Pietà, da cui scaturisce il tema della legge Basaglia e tutto quello che ha significato per la nostra comunità, nel bene e nel male. Poi il viaggio su un’isola greca, eco di fughe post ’68; infine, uno sguardo costante sugli anni di piombo: le lotte studentesche, la politica, l'impegno culturale e sociale che quegli anni ci hanno lasciato.
Questo intrecciarsi di vita personale con le vicende di quel periodo è la parte fondamentale che scava dentro le menti e i cuori dei nostri protagonisti.
Forse è ancora troppo presto per un’analisi completa e forse saranno gli storici a dircelo dopo varie valutazioni, ma sicuramente le conseguenze di quei tempi sono ampiamente presenti nella nostra società attuale e fanno parte del nostro DNA culturale.
Per troppo tempo mi era stata negata la realtà. Per troppi anni l'uomo che mi aveva amato- e che io avevo amato- aveva scelto una rimozione illogica, legata a doppio filo a quegli anni scomodi e chiusi come scheletri nell'armadio in nome del futuro. Nessuno neanche Fabrizio, aveva regolato i suoi conti con gli ingombranti "anni di piombo". Ognuno con il suo muro. La sinistra col crollo di quello di Berlino, lui con quello che aveva costruito dentro di sé...
È qui che troviamo il cuore pulsante del romanzo, quando una perdita d’acqua nella cantina della grande casa di campagna, sogno realizzato della nostra coppia, fa scoprire ad Angelita un nascondiglio assolutamente sconosciuto e inimmaginabile. Un pacco nascosto nel muro che le rivelerà un Fabrizio insospettabile. Quasi una metafora simbolica e una parziale risposta ai tanti quesiti generazionali che gli anni Settanta ci hanno lasciato.
Cosa veramente ha nascosto quella generazione a sé stessa? Forse l’incapacità di realizzare una ricerca sulla propria identità umana che superasse la rivoluzione sociale e politica che in quel periodo si stava sviluppando e che animò tanti ragazzi e ragazze?
Una sorta di battaglia tra razionale e irrazionale, con il secondo troppo spesso nascosto sotto il tappeto, come la polvere. La capacità di guardarsi dentro, oltre che guardare fuori. Come in "Cecità" di Saramago, è una donna a guidarci fuori "dal buio". Il viaggio di Angelita, una vera "combattente", attraverso le figure del passato, è diretto a risolvere il mistero che nasconde quel ritrovamento casuale. Riavvolgendo il nastro della sua e della vita del compagno, passando per una generazione intera.
Perché? Dimmi perché? Lo sapevi che saresti andato via. Lo sapevi. Perché hai rinunciato alla felicità? Io ero la tua felicità! Dovevi raccontarmi del tuo dolore, dei tuoi strazianti sensi di colpa. Me lo dovevi. Perché io ho vissuto per te. Guardami, qui davanti a questo marmo. Davanti ad una fotografia. Sola, mi hai lasciato da sola!
Si chiude il cerchio di cui parlavamo all’inizio: quello che rende profondamente emozionante questo romanzo è il legame che ha unito due vite davanti alla Storia, ma che le ha poi separate nella vita comune, quella di tutti i giorni, troppo spesso percorsa dalle cose non dette. Un rapporto umano che fa dire infine ad Angelita "Sono una superstite, è vero. Ma non sono una naufraga!"
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Prima Effe. Feltrinelli per la scuola propone l’incontro con gli scrittori per trasformare la lettura in un’esperienza indimenticabile, per avvicinare gli studenti ai grandi temi dell’attualità offrendo la possibilità di confrontarsi con chi quelle storie le ha scritte. Un viaggio straordinario e a portata di mano, nel mondo e in se stessi. Per organizzare un incontro scrivi a mailto:info@primaeffe.it
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I libri di Stefania Nardini
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