Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi

Parlare di Ferrovie del Messico (Laurana Editore) è difficile perché è il tentativo di dare ordine a una materia che ha il suo punto di forza nel perdersi, nel rincorrere, nel disordine spazio-temporale, nell’alternanza tra realtà e fantasia fino al punto di confondere l’una con l’altra.

È impresa ardua trovare le giuste parole per descrivere l’opera di Gian Marco Griffi, per convincere il lettore ad approcciare un romanzo di oltre 800 pagine la cui trama potrebbe – estremizzando – essere riassunta in poche righe, per circoscrivere i confini di un mondo reale e di finzione dove le citazioni, i richiami, gli echi di tutto ciò che è stato scritto e che potrebbe essere scritto si mescolano come in un frullatore, lasciando alla fine una sensazione di stupore quasi infantile. 

Ferrovie del Messico è un viaggio inaspettato tra ambientazioni diverse, anni lontani e personaggi tanto distaccati dal contesto storico, quanto, per questo, capaci di restare saldi nei loro intenti tra le bizzarrie, le stramberie, le magie che li circondano.

Tutto ha inizio ad Asti nel febbraio del 1944, dove Cesco Magetti presta servizio alla Guardia nazionale repubblicana Ferroviaria, nella Repubblica di Salò. Da buon soldato fascista obbedisce all’ordine impartito dal suo superiore (ma che ha origine molto in alto, tra le fila delle gerarchie naziste) di ricostruire la mappa della linea ferroviaria del Messico, a oltre 10000 km di distanza. Attraverso una scrittura magistrale, questo è il pretesto per dar vita a una realtà che di fatto potrebbe esistere senza Cesco Magetti e le sue avventure.

La scrittura di Gian Marco Griffi, infatti, è ciò che davvero tiene insieme l’intero mondo del romanzo, alternando lingue e linguaggi, dal colloquiale al letteratissimo, dal dialetto alla poesia. Il meccanismo di ripetizione e richiamo di episodi a distanza, su cui si basa la struttura del libro, si riflette su una scrittura in grado, invece, di mantenere un continuo senso di sorpresa e novità, grazie alla sua innovativa musicalità, in una sorta di equilibrio oppositivo. Non a caso una delle figure più presenti ed efficaci nel romanzo è l’elenco, dove questa unione di linguaggi diversi può trovare maggiore espressione: intere pagine dedicate all’accumulo di descrizioni, espressioni gergali, colori, fiori, figure mitologiche, opere antiche, creature demoniache, suicidi di poeti… rappresentano i momenti più toccanti o esilaranti del romanzo.

Gian Marco Griffi è stato in grado di dar vita a un romanzo che per questo potrebbe continuare all’infinito, perché infinita è la possibilità di scrivere storie a partire dalle storie e dalla sperimentazione del linguaggio. Il lettore che ama il sapore della letteratura sudamericana, gli accostamenti azzardati, la magia dei suoni forti, lo stordimento che solo certe descrizioni totalizzanti sono in grado di regalare, insieme alla sensazione che qualcuno ti abbia veramente capito, apprezzerà allora perdersi tra le meravigliose pagine di questo romanzo enciclopedico.