Si fallisce ma non bisogna pensare che difendere le persone che si amano sia impossibile, per questo non bisogna amarne troppe, difendere è faticoso
Una storia che si affaccia sulle acque del Tirreno e si posa delicatamente sul filo dell’acqua: quel che è sopra e si vede, si dice. Quel che è sotto, si tace.
Chi dice e chi tace è il primo libro di Chiara Valerio per Sellerio, che esordisce nella collana “La memoria”, quella delle copertine blu, classiche, con al centro una miniatura ad impreziosire. E nel blu di questa copertina c'è una donna immersa nella vasca, di cui scorgiamo solo le gambe a mollo.
Quella donna è Vittoria, trovata morta nella sua vasca da bagno per un "brutto incidente", che Lea, però, non si rassegna a liquidare come tale.
Presentato da Matteo Motolese nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2024. Storia nera di personaggi, indagine su una provincia insolita, ritratto di donne in costante mutazione. Niente è fermo, in Chi dice e chi tace, le emozioni, gli amori, le verità e gli enigmi, i silenzi del presente e il frastuono della memoria: tutto si muove, tutto si trasforma, tutto può sempre cambiare.
Ma arriviamoci per ordine. Nel blu Tirreno, si colloca Scauri, l'ultimo paese del Lazio, con seimila residenti nei mesi invernali e centomila nei mesi estivi. Poco più a sud scorre il fiume Garigliano e inizia la Campania. Subito a nord: Formia, Gaeta, Sperlonga; in meno di due ore si arriva a Napoli e a Roma. Scauri è un paese né bello né brutto, ma con una sua grazia scomposta. Un golfo dalla linea morbida, una lunga lingua di spiaggia che corre parallela alla via Appia tra due colline, il Monte d'Oro e il Monte d'Argento. Un lungomare di oleandri scandito da stabilimenti colorati o sbiaditi: la Tintarella, il Lido Delfini, il Lido del Pino, il Lido Maria, e molti altri. E poi la pizzeria Lu Rusticone, il bar Luccioletta, due chiese, una sola vera piazza.
La scrittrice ambienta il romanzo nel suo paese d'origine: «Per me è un “posto dove uno torna”, quindi un’isola, e Sellerio è l’editore delle isole». Molti romanzi della “Memoria”, peraltro, sono ambientati proprio nei piccoli centri italiani, dove autori(tà) del giallo come Camilleri, Malvaldi, Manzini dipanano le trame dei loro libri.
Ma questo non è propriamente un giallo. È molto di più. Anche se ci sono di mezzo tutti gli ingredienti del genere: una morte in circostanze sospette, alcuni interrogativi e molte risposte da trovare.
Vittoria era morta nella sua vasca da bagno e io non volevo crederci. Vittoria che ci aveva curato o no con i suoi intrugli di erbe, che aveva fatto nascere un bambino che altrimenti sarebbe morto. Che aveva comprato una casa e una barca, Che viveva con una donna che poteva esserle figlia. Che cercava di rispondere a tutti, cosa che ci aveva fatto credere potesse rispondere a tutto, e facendocelo credere ci aveva consolato. Vittoria era morta e io non capivo perché. Ma ero certa che un perché ci fosse. Avevo bisogno del perché della morte di Vittoria
Vittoria si era trasferita a Scauri negli anni Settanta, portando con sé Mara – una giovane donna dalle trecce dorate e l'aspetto di bambola – il rapporto tra le due non è chiaro: forse Vittoria l’ha adottata, forse l’ha rapita, si dicono tante cose sul loro conto.
E noi sappiamo di lei solo quel che si dice. Era arrivata un giorno con la sua risata che cominciava bassa e finiva acuta, aveva comprato una casa nella quale tutti potevano entrare e uscire, con un bel fazzoletto di terra intorno che coltivava con amore. Quell'amore che era in grado di riservare tanto alle piante terrestri quanto per quelle celesti, come diceva lei ridendo. Oltre al suo impiego di farmacista, aveva aperto una pensione per animali. La sua vita sembrava tranquilla, restava in farmacia le ore che doveva, e passava il resto del tempo a passeggiare, nuotare, leggere libri di botanica e coltivare il giardino. Le piaceva avere gente per casa e giocare a carte.
Di Vittoria, insomma, nonostante l’allegria, nonostante la confidenza che tutti sentivamo con lei, sapevamo ciò che vedevamo
Come un lunghissimo e invisibile filo del telefono, “quel che si dice” s’irradia per il paese, si srotola per le vie, si ferma nelle piazze, si affaccia nei negozi, si spinge fin nelle case, ricreando a poco a poco, tassello dopo tassello, dettaglio dopo dettaglio, un ritratto picassiano di Vittoria.
O, almeno, di quella Vittoria "visibile" sopra il pelo dell’acqua. E gli occhi con cui la guardiamo e ne ricostruiamo l'immagine sono quindi quelli di Scauri e dei suoi abitanti. La prima e vera indagine del romanzo, quindi, non è sulla morte di Vittoria ma sulla sua vita, attraverso gli indizi che ci ritroviamo a raccogliere disseminati qua e là, dettagli osservati, raccontati o spergiurati.
Così Manuela della cartolibreria in piazza Rotelli dice al marito che lavora al bar Luccioletta «e aveva la tendenza a dire tutto a tutti» che Vittoria aveva ordinato un libro chiamato I Ching e dunque “forse non era cattolica”. Tuttavia, pur non frequentando Vittoria o Mara la chiesa, «le si vedeva sempre tra i banchi la notte di Natale o la sera di Pasqua, e chi ci capitava seduto accanto spergiurava che entrambe conoscevano le preghiere e si alzavano e sedevano a tempo». La sua natura è ricamata di ossimori.
Distante ma curiosa, accogliente ma riservata, esatta ma evasiva, un taglio di capelli “educato, ma ventoso”: tutto in lei è mutevole e sfuggente. Eppure non riesce a sottrarsi alla smania di un paese che deve guardare, ascoltare, sapere.
Tutti sapevamo tutto di tutti. Tutti ci accontentiamo di ciò che avevamo davanti agli occhi
Tutti tranne qualcuno. A riavvolgere il filo della matassa, infatti, è Lea Russo, avvocato del paese nonché unico punto di riferimento per il paese in fatto di legge, sposata con Luigi, due figli, legata a Vittoria da un rapporto di grande amicizia, stima e fascinazione. Lea non si accontenta, non vuole accontentarsi, di ciò che ha avuto sempre davanti agli occhi.
Quel che emerge di Vittoria e di quel suo passato che va piano piano affiorando dal pelo dell'acqua, spingerà Lea lungo l'arduo sentiero della conoscenza di sé attraverso l'altro da sé, per arrivare infine a scoprire l'evanescenza della propria identità, così come quella di tutti.
Come ho detto all’inizio, questo non è un giallo. Ci sono, sì, indagini e interrogativi. E poi c’è Chiara Valerio che ben sa interrogare la natura umana con lo sguardo leggero e profondo; «Nulla che sia umano mi è estraneo» sembra dire anche lei come il poeta latino Terenzio, di cui conservo scolpita nella memoria la sentenza dai tempi della scuola «Homo sum, humani nihil a me alienum puto».
Con una prosa leggera, elegante, analitica, Valerio ci conduce dunque in un intricato sentiero di esplorazione dell'animo umano, e insieme a Lea, ci porta a riflettere e interrogare i silenzi del presente e il frastuono del passato, fino a smascherare tutte le facce dell'amore e della violenza.
Un'indagine, infatti, che pure si muove sul confine dell'ossimoro, fra desiderio e sopruso, fra cura e possesso. «Tutte queste cose insieme e una per una mi avevano fatto cadere nella trappola che cominciavo a intravedere in questa storia e cioè che premura e seduzione hanno gli stessi gesti. Farmaco e veleno». Farmaci e veleni hanno le stesse componenti; quello che cambia è la dose. Così l'amore e la violenza, possono diventare l'uno il rovescio dell'altro se ne viene invertita la misura e alterato così il peso delle parole, le stesse, che li esprimono.
Giro l'ultima pagina, chiudo il libro. Sulle labbra mi affiorano le parole di una canzone...
Così la donna cannone, quell’enorme mistero, volò/ E tutta sola verso un cielo nero nero s’incamminò/ Tutti chiusero gli occhi nell’attimo esatto in cui sparì/ Altri giurarono e spergiurarono che non erano mai stati lì
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Prima Effe. Feltrinelli per la scuola propone l’incontro con gli scrittori per trasformare la lettura in un’esperienza indimenticabile, per avvicinare gli studenti ai grandi temi dell’attualità offrendo la possibilità di confrontarsi con chi quelle storie le ha scritte. Un viaggio straordinario e a portata di mano, nel mondo e in se stessi. Per organizzare un incontro scrivi a mailto:info@primaeffe.it
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