Nel cuore di Figueres, un bambino sognava di diventare il grande Napoleone, un trampolino per catapultarsi verso l'eternità dell'arte. Salvador Dalí, diminutivo di Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, il nome che risuonò nelle menti di chiunque abbia mai ammirato la follia geniale di un'anima inquietante.
All'età di sei anni volevo diventare un cuoco. A sette volevo essere Napoleone. E la mia ambizione è andata costantemente crescendo sin da allora
Nacque nel maggio del 1904, in una famiglia agiata che lo circondò di attenzioni e lo viziò oltre ogni limite. Ereditò il nome dal fratello maggiore, che era morto prima della sua nascita. Questo evento doloroso segnò profondamente i suoi genitori, soprattutto la madre, la quale trovò in Salvador una seconda opportunità per il figlio perduto. Già da piccolo, Dalí era dotato di un talento innato, uno spirito ribelle che trasformava il suo mondo in un surreale universo parallelo. Nonostante il precoce desiderio di essere ammirato e adorato dagli altri, sviluppò una forma di solitudine. Caratteristica che mantenne celata, nonostante il riconoscimento internazionale e una di vita di eccessi.
Ogni mattina mi sveglio e, guardandomi allo specchio, provo sempre lo stesso ed immenso piacere: quello di essere Salvador Dalì
Con gli occhi sognanti e l'animo smisurato, si lanciò nella ricerca della sua vera vocazione, nella dimensione del pensiero che cammina a passo deciso sulla corda dell'originalità. Il suo primo approccio all'arte non fu un semplice incontro casuale con il pennello e la tela. Infatti, durante un soggiorno in campagna dalla famiglia Pichot, amici dei Dalí e appassionati d'arte, il giovane Salvador - non avendo materiale per disegnare o dipingere – realizzò una natura morta di ciliegie su di una vecchia porta utilizzando solo tre colori e le sue mani. Per renderla realistica, usò veri gambi di ciliegie e inserì tarme estratte dal legno. Il signor Pichot, impressionato, suggerì a Dalí di trovare un maestro, ma lui rispose di non volerne perché si considerava già un pittore impressionista.
Si dice che quando una persona guarda le stelle è come se volesse ritrovare la propria dimensione dispersa nell’universo...
Le recenti scoperte sull’universo ci stanno conducendo a mettere in dubbio non solo le nostre conoscenze, ma anche la forma stessa di ciò che crediamo di sapere. Leggendo queste righe potrebbe emergere l’impressione che non ci sia alcuna attinenza con Dalí; tuttavia, anche l’artista, nei suoi scritti e in alcune delle sue opere, ha riflettuto ampiamente sulla nozione di “forma”. Scrisse infatti:
Sappiamo ormai che la forma rappresenta soltanto il prodotto di un processo inquisitorio della materia: la specifica reazione della materia sottoposta alla tremenda coercizione dello spazio, alla torturante pressione da ogni lato, finché si compone, esplodendo, negli esatti contorni della sua propria originalità reattiva…”
Queste parole ci aiutano a comprendere meglio una delle sue opere più iconiche: “La persistenza della memoria”, (1931). Il soggetto dell’opera raffigura orologi che si sciolgono in un ambiente desolato. Questo dipinto ispirerà in seguito un’altra opera intitolata: “La disintegrazione della persistenza”, (1952-1954), che riflette i timori della minaccia atomica della guerra fredda. È interessante notare come il paesaggio del dipinto faccia riferimento ad una formazione rocciosa reale situata nella baia di Cullera, in Spagna. Questa zona ospita il “Triangolo daliniano”, che raccoglie le tre località che conservano la memoria dell’artista: Il Castello di Gala a Pubol, Il Teatro Museo a Figueres e la Casa Museo a Port lligat a Cadaques. Lo studio e l’esplorazione dell’inconscio e del mondo dei sogni sono tra le aree d’interesse principali di Salvador Dalí. Nel 1929, quando decide di aderire al movimento surrealista, mette a punto un metodo personale chiamato “Paranoico-Critico”, che mira a comunicare all’osservatore i conflitti psicologici più profondi per suscitare una risposta empatica. Ad esempio: Cigni che riflettono elefanti, (1937) e Donna che dorme in un paesaggio, (1931). Pertanto, l’artista nutre un vivo interesse per le teorie di Freud, sviluppando una vera e propria ossessione nei suoi confronti. Il 19 luglio 1938, a Londra, il pittore spagnolo incontrerà finalmente il suo idolo. Dalì arriverà all’incontro con sottobraccio una sua opera recente, “La metamorfosi di Narciso”.
Tale scelta non è stata casuale, poiché vi sono esplicitate le due pulsioni umane fondamentali: la pulsione sessuale e quella della morte, elementi che spesso si inseguono all’interno delle sue opere. La donna e la sessualità repressa, sono altri pilastri della sua indagine artistica. Ciononostante, la percezione di Dalí sul mondo femminile si trasformò quando conobbe Gala, la quale inizialmente fu la sua amante e in seguito sua moglie e musa ispiratrice, comparendo in diversi suoi capolavori, quali: Madonna di Port Lligat, (1950) e L’Angelus di Gala, (1935), solo per citarne alcuni. Tutto ebbe inizio nell’anno 1929, a Parigi, durante la proiezione del film “Un chien andalou”, realizzato insieme al regista Luis Buñuel. In tale circostanza, Salvador Dali invito tutti i presenti a trascorrere l’estate nella sua residenza spagnola. Fu in quella circostanza che Dalí conobbe Gala, la quale era giunta nella dimora dell’artista insieme al marito Paul Eluard e alla loro figlia Cécile. Salvador si innamorò perdutamente di lei sin dal primo istante e la scelse come sua compagna per la vita. Dopo la morte di Gala nel 1982, tentò più volte il suicidio senza mai riuscirci. Tuttavia, morirà in modo naturale il 23 gennaio 1989 a causa di un attacco di cuore, mentre stava ascoltando il suo disco preferito: “Tristano e Isotta” di Richard Wagner.
Grazie Gala! È per merito tuo che sono un pittore. Senza di te non avrei creduto ai miei doni
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