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Marcel Duchamp e la seduzione della copia: la mostra a Venezia

Immagine tratta dal libro "Victor (Marcel Duchamp), di Henri-Pierre Roché, Skira, 2019"

Immagine tratta dal libro "Victor (Marcel Duchamp), di Henri-Pierre Roché, Skira, 2019"

Cercar di distinguere il vero dal falso, l’imitazione dalla copia, è poi una questione tecnica di incredibile stupidità

Questa è solo una delle dichiarazioni di Marcel Duchamp sul rapporto tra realtà e copia, e che si possono leggere nel saggio introduttivo alla mostra Marcel Duchamp e la seduzione della copia, in programma fino al 18 marzo alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.

E a meno di due mesi dalla morte, l'artista ribadirà: «[La gente] dice che una cosa fatta a macchina non è un’opera d’arte. È ridicolo. Un duplicato o una ripetizione meccanica hanno lo stesso valore dell’originale».

A firmare quel saggio e altri all’interno del voluminoso catalogo Marsilio è il curatore della mostra Paul B. Franklin, studioso indipendente tra i maggiori esperti di Marcel Duchamp (1887-1968).

Originale, replica, facsimile, copia autentica, temi e variazioni. Nel corso della sua carriera «Duchamp ha replicato, duplicato e riprodotto il suo lavoro. Questa mostra esplora i molteplici modi in cui lo ha fatto», spiega il curatore Paul B. Franklin.

Victor (Marcel Duchamp)
Victor (Marcel Duchamp) Di Henri-Pierre Roché;

La vita amorosa di Duchamp, l'artista più influente del Novecento raccontata da Henri Pierre Roché, ricordato per il celebre romanzo Jules e Jim, portato sul grande schermo da Truffaut. Qualche anno dopo Roché ci riprova con un nuovo triangolo amoroso: questa volta con Marcel Duchamp, il cui nomignolo per gli amici era Victor, l'artista più importante del XX secolo, e la sua compagna d'allora, Beatrice Wood.

Con una sessantina di opere provenienti da prestigiose istituzioni nazionali e internazionali, e dalla collezione privata da Attilio Codognato, la mostra copre un arco temporale che va dal 1911 al 1968, porta il pubblico a costituisce un omaggio all’artista irriverente, rivoluzionario e anticonvenzionale ospitato proprio nella casa della mecenate americana, Peggy Guggenheim, che a Duchamp fu legata da un profondo rapporto di amicizia.

Conosciuto a Parigi nel 1923, dal 1937 l’artista divenne tra i suoi consiglieri più fidati per la fondazione della sua galleria e la costituzione della sua collezione, mentre al 1941 risale l’acquisto da parte di Peggy Guggenheim del primo esemplare dell’edizione deluxe della Scatola in una valigia. Opera che non poteva mancare quindi in questa mostra, così come le altre provenienti dalla sua collezione, Nudo (schizzo) e Giovane triste in treno (1911) e Scatola in una valigia (1935-41).

La mostra prende avvio dal rifiuto di Marcel Duchamp di rispettare le regole nel campo dell’arte, opponendosi prima di tutto alla gerarchia tra opera originale e copia e ponendosi, in un certo senso agli antipodi del pensiero di Walter Benjamin ne L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica con la sua critica proprio "all'arte della duplicazione" dell'opera artistica.

Il tema di questa mostra è dunque il rapporto tra realtà e replica che è parte integrante ancora oggi della nostra esistenza quotidiana: in quest’era digitale in cui tutto è mediato dalle tecnologie digitali, è sempre più difficile capire quale sia la differenza tra originale e replica. E talvolta, infatti, la differenza non c'è ed è proprio questo il punto.

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