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I romanzi di Pedro Lemebel per descrivere il rovescio della dittatura

flickr.com -  ©Luis Hidalgo

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Tra gli anni Sessanta e Settanta, il decennio più lungo del secolo breve, la vecchia e quasi confortante divisione manichea tra Est e Ovest del mondo, i cosiddetti due blocchi, comincia a sgretolarsi. Anche in Italia, mentre traballa il mito sovietico per il ripetuto ricorso alla violenza da parte di Mosca, i più giovani guardano alle possibilità della terza via offerta da Mao che prospetta un grande balzo in avanti per la Cina incorruttibilmente comunista. Ma il sogno americano si fa finalmente tangibile in Europa e nell’Italia che, inseguendo il grande boom, importa anche i nuovi centri di aggregazione per eccellenza: dai passages parigini ai malls, nelle pubblicità Campari tutto è un frenetico indebitarsi e comprare, prendere ispirazione dai rotocalchi e dalle televisioni, e guai a chi parla di austerità.

Ma le prime pallide lingue d’ombra si estendono su quei due opposti miraggi a destra e a sinistra delle immaginarie linee divisorie: il socialismo reale è spietato e iniquo, e il prezzo dell’appartenenza ideologica sembra caro; d’altra parte, si diffonde il sospetto verso quell’industria culturale di massa e quell’immaginario lontanamente hollywoodiano che anestetizza le coscienze. Tra quei due monoliti rachitici, si insinuano pratiche di guerriglia che spostano l’attenzione della generazione sessantottina verso luoghi inediti, zeppi di compagni per i quali mostrare reale solidarietà nel cammino verso la liberazione: i Black Panther in Africa, o i movimenti rivoluzionari di liberazione nazionale che occupano l’intera America del Sud, dai Montoneros Argentini alle Farc colombiane fino ai Mir cileni, resi noti dai testi di Régis Debray (Rivoluzione nella rivoluzione?) e Douglas Bravo (La guerriglia nel Venezuela), che nel 1967 soltanto Giangiacomo Feltrinelli si azzarda a pubblicare.

In questo marasma di controrivoluzioni, molte comuni si trasformano in centri di accoglienza degli esuli latinoamericani, come scrive Miguel Gotor in Generazione Settanta. Storia del decennio più lungo del secolo breve (1966-1982), a causa del diffondersi capillare delle dittature in America Latina. Proprio in quegli anni, i canti del gruppo cileno degli Inti-Illimani, tra cui il celeberrimo El pueblo unido..., diventa la colonna sonora di un’intera generazione.

Generazione Settanta. Storia del decennio piú lungo del secolo breve (1966-1982)

Un decennio turbinoso, ove le contraddizioni della modernizzazione sono il basso continuo su cui si muovono la contestazione giovanile e quella operaia, e ancora la strategia della tensione, lo stragismo e la lotta armata, la solidarietà nazionale, il movimento del Settantasette e il femminismo fino al tramonto della guerra fredda.

E i cileni questo fanno: cantano e scrivono del sogno rivoluzionario, travestito da ritornello d’amore nell’unico romanzo di Pedro Lemebel, Ho paura torero, pubblicato da Marcos y Marcos nel 2011 e il cui adattamento teatrale si potrà vedere al Piccolo Teatro di Milano nel corso dei prossimi mesi.

Gli eventi si svolgono a ridosso di una data emblematica per la storia cilena, cioè il colpo di stato dell’11 settembre 1973, sostenuto dall’amministrazione statunitense repubblicana particolarmente dedita a ingerenze negli affari interni dei paesi tinti di rosso. Nel libro, ambientato nel 1986, Augusto (Pinochet), dopo aver consumato la svolta autoritaria intrapresa con la cacciata del presidente Salvador Allende, si prepara alle elezioni del mese di settembre. Attanagliato dagli incubi da infante iracondo e solitario, è insonne per le premonizioni di tradimenti e assalti, che lo costringono a vedersi in sogno mentre calpesta i fiori morti delle sue stesse esequie. Nella lista aperta dei suoi nemici giurati figurano certamente i «pezzenti marxisti», costretti a girare intorno alla terra senza che nessuno offra loro aiuto; e i «froci», «degenerati», «deviati come i comunisti» e costretti allo stesso stato d’allerta nel Cile della dittatura. Infine, la moglie, la signora Catita, con il suo «coccode molesto», che gli rammenta che cinico com’è non piace più a nessuno, e che di sicuro è colpa di Pablo Neruda ma anche del suo stile monotono da uniforme plumbea. Catita, che un tempo amava e desiderava – cioè prima che si trasformasse in una zanzara fastidiosa – si affida alla cartomanzia e al fedele, femmineo Gonzalo, tanto per preconizzare la politica quanto per scegliere il cappello Dior o à la Nina Ricci. Perciò Augusto, una volta lontano dalla matrimoniale «interferenza radiofonica», trova quiete al solo pensiero di un «cadetto frocio espulso dall’Esercito» e dei «marxisti sotto controllo o sotto terra».

Ho paura torero
Ho paura torero Di Pedro Lemebel;

A Santiago, nei giorni della resistenza, l'incontro fatale tra la Fata dell'angolo, travestito passionale, e Carlos, militante del Fronte patriottico Manuel Rodriguez. Una satira schiacciante della dittatura, una storia d'amore meravigliosamente sovversiva.

Specularmente, seguendo il filo di stoffa di un cappello che si agita al vento della spiaggia, la Fata dell’angolo e Carlos vibrano di un desiderio contaminato da una menzogna necessaria, perché entrambi amano l’oggetto sbagliato: un altro uomo, la Fata con il suo passo maricondo e «l’estetica passionale di farfalla»; la patria libera e comunista, Carlos, quel torero cubano, serio e virile, capace di violentarla con una delicatezza vellutata a cui la Fata non è abituata. Con una prosa lirica e avvolgente, Lemebel individua il sottosopra di una dittatura, fatto di elementi identici ma capovolti, a definire chi è che sta dalla parte giusta della storia. Sublima la passione fosca e la violenza diffusa con metafore naturali e selvatiche, vagheggiamenti da sogno che si riscontrano anche in Le Cattive, di Sosa Villada. In entrambi i libri, il travestitismo è una metamorfosi apuleiana: ci sono Rane e Lupe, matrigne amorevoli e asfissianti, branchi di creature magiche che si muovono ondeggiando teatralmente i fianchi, con le loro ingenuità da colombe, il tocco elettrico, la lucidità animale, e ancora la «lisergica tristezza» e la «pena fosforescente» da ragazze cattive.

E intanto guardano le telenovelas brasiliane e ascoltano la radio, e così fanno le mogli dei generali, tutte spinte dalla voglia di evitare le notizie delle stragi e degli attentati. Ma in una dittatura le canzoni non sono mai solo canzoni e i cappelli non sono mai solo cappelli, perché è solo uno che decide come si veste e cosa ascolta una dittatura. Ce lo ricorda Lemebel, offrendoci uno scampolo di salvezza dentro una casa all’angolo della strada in cui volteggiano le utopie e si consumano notti purpuree, e in cui con i libri censurati e le riviste sgualcite, i giradischi da bolero e i cappelli gialli, si traveste persino la dittatura, per sopportarla o, infine, rovesciarla.

I libri di Pedro Lemebel

Ho paura torero

Di Pedro Lemebel | Marcos y Marcos, 2021

Baciami ancora, forestiero

Di Pedro Lemebel | Marcos y Marcos, 2008

Irraccontabili

Di Pedro Lemebel | Edicola Ediciones, 2020

Folle affanno. Cronache del contagio

Di Pedro Lemebel | Edicola Ediciones, 2022

Di perle e cicatrici

Di Pedro Lemebel | Edicola Ediciones, 2019

Parlami d'amore

Di Pedro Lemebel | Marcos y Marcos, 2016

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Pedro Lemebel è stato uno scrittore cileno. Critico della dittatura di Pinochet, romanziere pungente e strenuo difensore dei diritti di ogni essere umano, Lemebel ha scritto libri fondamentali per capire la vita in un paese dilaniato dalla violenza.Nato - come gli piaceva dire -  negli anni Cinquanta, vive una giovinezza indigente: «in casa mia non c'era nemmeno un libro, e se entrava un giornale, era avvolto intorno alla carne: carta macchiata di sangue».Nel 1987 fonda, insieme a Francisco Casas, il Collettivo artistico "Yeguas del Apocalipsis". Tra il 1987 e il 1995 il Collettivo realizza almeno quindici memorabili, eventi pubblici, mescolando performance provocatorie, trasformismo, fotografia, video e installazioni per rivendicare il diritto alla vita, alla memoria, alla libertà sessuale.Personaggio amatissimo dalla comunità omosessuale («non è che da piccolo mi piacesse giocare con le bambole: io volevo essere la bambola») e dalla sinistra del suo paese, Lemebel porta alla luce il Cile sommerso con le sue cronache urbane, pubblicate sui giornali dell'opposizione, come «Pagina Abierta», «The Clinic», oppure trasmesse quotidianamente da Radio Tierra. Raccolte progressivamente in volume (La Esquina es mi Corazón, Loco Afán: Crónicas de Sidario, De perlas y Cicatrices, Zanjon de la Aguada) le sue testimonianze figurano sempre nelle classifiche dei libri più venduti, e sono più piratate di Harry Potter. Il suo primo romanzo, Ho paura torero, è stato il libro più venduto in Cile nel 2001. In Italia le opere di Pedro Lemebel, che ci lascia nel 2015 dopo lunga malattia, sono pubblicate dall'editore Marcos y Marcos. Nel 2019 Edicola Ediciones pubblica 70 cronache che Pedro Lemebel compilò per il programma radiofonico "Cancionero" di Radio Tierra.Fonte immagine: sito web Marcos y Marcos

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